Nola per AMAtrice, a chi ha perso tutto e riparte da zero!

“Si torna sempre dove si lascia un pezzo del proprio cuore”. E’ questa la frase che ha caratterizzato il mio ritorno ad Amatrice, dopo la meravigliosa esperienza dello scorso anno. Così il 13 agosto sono partito da Nola insieme a venti ragazzi, ognuno con le sue ansie, curiosità e mille aspettative diverse. Al nostro arrivo a Torrita, al campo Caritas, siamo stati accolti da Emma, responsabile della Caritas diocesana di Rieti, che ci ha spiegato il motivo della nostra presenza, ovvero essere al servizio per Amatrice e per i suoi abitanti, come fossimo un prolungamento delle loro braccia. Come lo scorso anno, alcuni di noi hanno fatto da spalla ad operatori Caritas presso i centri estivi di Borbona ed Amatrice. E’ stato fondamentale sin da subito capire come relazionarsi con ragazzini vivacissimi e poco propensi al rispetto delle regole. E’ stato importante farsi conoscere, nonostante i pochi giorni a disposizione. Ed è stato emozionante, per chi come me è già stato lo scorso anno allo stesso centro estivo, scoprire che alcuni ragazzi non ci avevano mai dimenticato. E’ stata la testimonianza che, con semplicità e naturalezza, si possono lasciare tracce indelebili nel cuore degli altri. Altri ragazzi, invece, hanno vissuto l’esperienza del servizio tramite il lavoro manuale presso le famiglie. C’è chi ha rastrellato, chi ha tolto erbacce, chi ha spostato massi. E tutto questo a contatto con le persone del posto, disponibili e accoglienti, e con tanta voglia di far conoscere la propria terra tramite le loro storie. Un supporto che è stato quindi non solo fisico ma soprattutto morale. In questo percorso siamo stati accompagnati da un gruppo di giovani ragazzi provenienti prevalentemente da Milano. Insieme abbiamo stretto una forte collaborazione risultata alla fine assolutamente vincente. Abbiamo superato con simpatia e maturità gli stereotipi e luoghi comuni che spesso sono una inutile barriera alla conoscenza. Abbiamo cucinato e mangiato insieme, anche ad orari per loro improponibili. Abbiamo preparato caffè ad ogni ora. Abbiamo cantato strofe e ritornelli tipici della loro e della nostra terra. Abbiamo giocato, scherzato, riso insieme. Abbiamo ammirato un cielo stellato che lascia senza parole. E, prima del riposo notturno, durante il momento della Compieta, abbiamo condiviso le esperienze dei nostri giorni. Abbiamo legato con Amatrice e il suo grande popolo. Ci hanno dimostrato, ancora una volta, che c’è sempre qualcosa a cui aggrapparsi. Ci hanno insegnato che non ci si arrende nonostante crolli il mondo. Ci hanno insegnato che è possibile ricominciare e ricostruire. Ci hanno insegnato che abbiamo il dovere morale di apprezzare le piccole cose, di dare valore a ciò che abbiamo perchè da un momento all’altro potremmo perderlo. Amatrice è viva, vivissima. Lo è negli sguardi del suo popolo. Lo è nella curiosità dei bambini e nella loro voglia di spaccare il mondo. Lo è nella forza e nella tenacia dei suoi negozianti che pian piano hanno riavviato le loro attività. Lo è nelle famiglie che non hanno perso la speranza di costruire e ricostruire. E lo è nei nostri cuori, tornati a Nola stracolmi di gioia. Perchè si va ad Amatrice con l’intento di donare qualcosa all’altro e si torna a casa con la consapevolezza di aver ricevuto molto di più in cambio.

Giuseppe Franzese, parrocchia Maria SS. della Stella, Nola

 

 

Sono molto grata di aver fatto parte di questa “bella storia”, voglio ringraziare tutti quelli che hanno reso possibile questa straordinaria esperienza , impegnativa a livello emotivo: ho vissuto  giorni con altre persone, molte delle quali sconosciute, tutte diverse, ma tutte con l’unico obiettivo di amare il prossimo e fare del bene. Non è stato semplice, ma ognuno di noi ci ha messo il cuore, ci siamo stati, con un abbraccio, un sorriso, una mano tesa, puó sembrare poco, ma sono stati piccoli gesti sufficienti per lenire le paure e le insicurezze di ognuno di noi, che permettono di rendersi conto che quando c’è il cuore tutto va bene. Questa esperienza, perciò, ha cambiato il mio modo di pensare, di essere. A 20 anni, pensi di avere il mondo in pugno, ma confrontandoti con una realtà completamente diversa da quella normalmente vissuta, ti accorgi che non siamo altro che dei piccolissimi puntini, puntini che sono stati un riferimento per chi due anni fa in quella notte ha perso tutto. Con tutto intendo proprio tutto: familiari, casa, lavoro, una vita ordinaria.

Ecco, allora, che mettermi al servizio di chi ha perso tutto, mi ha aiutata ad essere consapevole che  faccio parte di un popolo che cammina prendendosi cura dell’altro, facendo del bene,tendendo la mano, andando oltre le tue paure, che ognuno può essere coraggioso, in grado di superare i propri limiti, muri, debolezze e fare di più, più di quanto riesca immaginare. Questo perché non esiste solitudine che non può essere accompagnata, non esiste tormento che non può essere risolto, se guardi negli occhi degli altri e trovi un mare di emozioni nella quale naufragare, in cui puoi trovare rifugio. Non si può immaginare la moltitudine di emozioni che si possono provare stando lì, fino a quando non le vivi e quando ti ci trovi dentro, quando sei lì e ti guardi intorno, capisci quanto è bello essere circondato da tutto ció.

Ma soprattutto ti rendi conto che essere a servizio degli altri non è poi così male, perché fare del bene ti fa stare bene. Un percorso che io ho definito con due parole: CONOSCERSI e RICONOSCERSI. La prima, perché io e gli altri ragazzi abbiamo allargato il nostro cuore al gruppo di ragazzi di Milano e ai ragazzi di Amatrice ed insieme siamo diventati viandanti di gioia, per incontrare tutti, accogliere tutti, ascoltare tutti, abbracciare tutti. La seconda perché senti forte dentro di te la responsabilità di gettare il seme buono del Vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, attraverso anche la passione educativa, la partecipazione, il confronto. Ho capito chiaramente che ogni vita è una vita amata dal Signore, ogni volto ci mostra il volto di Cristo, specialmente chi è ferito dalla vita e chi si sente abbandonato, chi fugge dalla morte e cerca riparo tra le nostre case e le nostre città. Ho cercato senza timore il dialogo con chi vive accanto a me, anche con chi la pensa diversamente, ma come me desidera la pace, la giustizia, la fraternità. È nel dialogo che si può progettare un futuro condiviso. È attraverso il dialogo che costruiamo la pace, prendendoci cura di tutti e dialogando con tutti. Durante questi giorni ho ripensato a tantissime cose, ma la più importante l’ho capita nello sguardo del piccolo Ale, un bambino di 5 anni che ha perso la sua casa e che nonostante tutto sorride, sorride sempre al contrario di tutti noi con una vita “normale” che siamo freneticamente alla ricerca della felicità… giriamo come delle trottole, ma non riusciamo a trovarla. La nostra felicità sta nella felicità delle altre persone. Rendete loro felici e avrete la vostra felicità. Dovrebbe essere questo lo scopo della vita umana. L’esperienza ad Amatrice non è finita il ventidue Agosto, la vera esperienza inizia oggi, all’arrivo a casa, al ritorno nelle nostre città dove siamo chiamati a portare la nostra testimonianza e il nostro entusiasmo.

Potrei definirla con altre tantissime parole per esempio SCRUTARE, ovvero guardare con attenzione, in quanto se noi siamo attenti alle cose pian piano cominciamo a conoscerle. Guardando me stessa e gli altri con attenzione, sono riuscita cogliere la bellezza che ognuno di noi ha nel proprio cuore e riuscire a trasformala in luce per gli altri.

È stato altrettanto bello imparare a non soffermarmi sulle cose banali, è comprendere che ci sono tante luci, non bisogna fermarsi alle ombre”.

Ho riflettuto anche su alcuni aspetti che riguardavano il rapporto con me stessa e il rapporto con le cose che rendono VITA la mia vita. Ovvero il TEMPO, quel tempo che tanto temo.

Le PERSONE, che sono quelle che ci riempiono la vita, perché solo nel volto dell’altro possiamo trovare la risposta al nostro cammino. In quest’esperienza che ho conosciuto delle persone davvero speciali, hanno ascoltato le mie paure e le hanno trasformate in coraggio. Mi hanno sempre aiutata a dire sempre quello che pensavo, aiutata a metterti in gioco ogni volta, ad essere sempre me stessa. Con i ragazzi sono riuscita a trasformare qualsiasi momento in un momento unico. Sono arrivati tutti in punta di piedi, ma quanto dispiacere/ gioia c’è stata nel mio cuore quando ci siamo salutati …ricordando queste parole: Dire grazie è poco, siete stati tanto per tutti, porta sempre nel cuore tutto quello che hai preso da questo posto e dalle persone incontrate, vivi con la consapevolezza che non sarai mai sola e ogni volta che starai per mollare, pensa che ne vale la pena, che in qualche angolo di mondo c’è chi come te ce la sta mettendo tutta e piano piano cambiamo il mondo tutti insieme..!

Lo SPAZIO, quello che ci fa sentire protetti, al sicuro. Dove ho potuto Sentirmi coinvolta, spensierata, e felice. Sentirmi parte di una famiglia, che ha le sue difficoltà ma che resta forte e unita. Sentirti dono per gli altri. Nonostante tutto la cosa più bella sono stati i sorrisi, quelli malinconici e quegli occhi lucidi, quelli consapevoli che siamo arrivati al termine di questa esperienza meravigliosa, al termine di questi giorni durante il quale abbiamo perso la cognizione del tempo, stretto relazioni, ballato, riflettuto e discusso, ma soprattutto compreso che non dobbiamo mai smettere di sognare in grande, perché sono sempre i sogni a fare la realtà. Dobbiamo portare i nostri sogni ovunque…e in qualsiasi posto del e nel mondo,poiché esistono i sognatori, quelli di oggi, quelli di domani, quelli che cambieranno il mondo.”

Malgrado tutto.. abbi cura di splendere sempre!

Per costruire una bella realtà occorrono buoni sogni. Termino questa mia esperienza con questo piccolo pensiero:

”Il Cristiano in missione è un uomo che ha detto sì, non si è autoproposto, autoproclamato, è stato scelto. Gesù lo invia “avanti a sé” e mai da solo, ma “a due a due”. All’inizio del suo cammino, Gesù sceglie gente capace di stare insieme, di guardare l’altro negli occhi, che a cui sa di poter rivolgere la parola e, soprattutto, sa chiedere aiuto. Non sceglie chi è in grado di fare tutto da solo e in modo veloce. Sceglie la lentezza del fare le cose in due e non la velocità della solitudine.” (“Artigiani di futuro”). Garantisco a tutti gli abitanti di Amatrice: “Se soltanto voi poteste vedere la bellezza che può nascere dalle ceneri”, se soltanto riusciste a vedervi come vi vedo io, riuscireste a capire quanto siete degli esseri magnifici, e meravigliosi.

“Mi sono perso in questo posto non l’ho mica fatto apposta è un parcheggio gigantesco con il divieto di sosta/Per esempio quegli sguardi che ti sfiorano un momento e puoi quasi naufragarci“ come dice Jovanotti. È così che mi sono sentita all’inizio di questo percorso: come in un “parcheggio gigantesco”, spaesata ma al termine dell’esperienza non mi vergogno assolutamente di essere stata scelta e di aver risposto SI.

Vi ringrazio di tutto, perché siete per me amore che si muove. Sarete sempre nel mio cuore!

Antonella Ascione, parrocchia S. Pietro Scafati

 

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