Campo giovani 2023: il racconto di Marianna, Giovanni, Gioia

Partecipare ad un Campo Giovani ha sempre un qualcosa di speciale: non sai mai quanto cambiato tornerai a casa. Sono arrivata il primo giorno di campo senza particolari aspettative, forse perché ho deciso di prendervi parte solo all’ultimo minuto e quindi non avevo avuto il tempo di pensare a cosa mi aspettasse. Di una cosa però ero certa, sicuramente avrei passato un weekend divertente in mezzo a tante persone simpatiche con cui potermi confrontare. Per tutto il weekend non sono mancate le risate, gli enormi sorrisi a trentadue denti e quella sensazione di leggerezza che solo ritrovarsi in mezzo a questa enorme famiglia adottiva può farti provare. È buffo pensare che ritrovarsi in mezzo a così tante persone che non conosci possa farti sentire più a casa di quando si è a casa propria.

Ho sentito la tematica dello sguardo molto vicina, forse perché nell’ultimo periodo sono stati proprio degli sguardi ad influenzare fin troppo la mia vita. Ritrovarmi stesa su di un prato a riflettere su di essi e su quanto possano davvero essere importanti è stato per me come una doccia gelida. Ma quando il caldo diventa asfissiante è proprio una doccia fredda ciò che ti serve, no?

Durante la condivisione fatta dopo il deserto ho sentito qualcosa scattare in me, come se in quel momento finalmente fossi in grado di rispondere alla domanda: “Io chi sono?”. A volte per farti aprire gli occhi basta davvero una parola, un abbraccio o uno sguardo dalla persona giusta al momento giusto. Quindi io alla fine chi sono? Io sono me, con i miei difetti, i miei sogni e le mie battute.

Come dimenticare poi la veglia sotto le stelle. Posso dire con assoluta certezza che quello è stato uno dei miei momenti preferiti. Mi sono sentita così piccola sotto quell’enorme cielo stellato, ma allo stesso tempo sapevo che la mia luce, proprio come quella degli altri, era importante. Forse sarà un po’ imbarazzante ammetterlo ma verso la fine ho pianto, non sono riuscita proprio a trattenermi ed è stato sicuramente meglio così.

Non basterebbero mille parole per descrivere quanto bene mi abbia fatto tutto questo, ma ce n’è una che posso dedicare a tutti quelli che hanno preso parte a questo campo: GRAZIE.

Marianna, giovane della parrocchia Maria SS Liberatrice dai flagelli

 

La mia prima esperienza al campo giovani a Castellammare…

Nella mia parrocchia ho ascoltato molti racconti emozionanti dei miei amici che hanno vissuto il campo giovani e mi hanno tanto affascinato, però non ho mai pensato di andarci.

Posso dire che quest’anno ho partecipato al mio primissimo e fantastico campo giovani dal 28 al 30 luglio a Castellammare.

Quando sono partito non avevo tante conoscenze però questi giorni sono stati molti intensi, mi hanno accolto da subito come se mi conoscevano già da molto tempo e si è creato un clima di fratellanza. Ho conosciuto tanti ragazzi, ragazze di altre parrocchie e soprattutto anche l’équipe: tutti mi hanno accolto a braccia aperte.

Mi è dispiaciuto solo che è finito troppo presto perché da subito mi sono legato ed affezionato anche ad alcune persone.

Quindi questa mia esperienza per me è stata molto importante perché sono un ragazzo timido e mi è difficile parlare, ma invece qui, in alcuni laboratori mi sono aperto e raccontato di più.

Per me questo campo è stato molto bello perché ho condiviso molte emozioni e mi sono sentito abbracciato da tutti i miei compagni di viaggio.

Grazie compagni ed équipe di AC, ci rivedremo ad un prossimo campo.

Giovanni Sodano, giovane della Parrocchia di San Giovanni, Avella

 

Il racconto di Gioia…

Quest’anno, dal 28 al 30 luglio, si è svolto il campo giovani presso Castellamare di Stabia. La struttura che ci ha ospitati è stata l’Hotel Vesuvian Inn. La prima sensazione che ho provato entrandoci fu “io qui ci sono già stata”. E avevo ragione! Nel 2016, quando ero ancora ACRina, si svolse il campo ACR dentro quelle stesse mura che affacciano sullo stesso mare. Ammetto di aver provato una sensazione stranissima: quel posto sembrava più piccolo di come lo ricordassi. Non è stato di certo il posto ad essersi rimpicciolito, bensì sono io ad esser cresciuta. Già questo mi fece riflettere tanto: le cose, i luoghi, le persone cambiano in base a come noi li guardiamo. Non ci rendiamo conto della potenza del nostro sguardo, delle nostre impressioni. Forse tutto questo voleva anticipare ciò di cui avremmo parlato per i 3 giorni seguenti, perché la frase che ci ha accompagnato è proprio “se mi guardi così”. Che sguardo rivolgiamo all’altro? Uno sguardo d’amore che tende a voler considerare l’altro nella sua interezza, o uno sguardo più analitico, che vuole cogliere i particolari? E ancora, che sguardo rivolgiamo a noi stessi? Ci è stato chiesto di considerare la nostra vita come se fosse un film, selezionando quella che secondo noi poteva essere la colonna sonora perfetta e il titolo. Abbiamo osservato la nostra vita dall’alto, analizzando le scene salienti, i momenti più belli, ma anche quelli cupi e difficili che abbiamo attraversato, individuando però le persone che erano presenti e hanno fatto luce in quell’oscurità. Tendiamo sempre ad essere duri con noi stessi, forse condizionati dall’opinione che gli altri hanno di noi. Quest’opinione ci appanna la vista, cambia l’idea che abbiamo di noi e, paradossalmente, ci cambia davvero! Sminuiamo l’importanza che abbiamo nella vita degli altri, ciò che possiamo offrire e abbiamo paura di entrare in contatto con le altre persone. Tocchiamoci e lasciamo che le nostre vite si intreccino e modifichino il percorso che avevamo prestabilito! Siamo belli perché siamo diversi, ognuno è unico a modo suo, con la sua storia da raccontare, con le sue gioie e i suoi dolori e le sue esperienza da offrire. Dovremmo ricordare che c’è sempre Qualcuno che ci guarda con amore, dolcezza, fiducia, che ha SETE di tutto questo e che cerca continuamente un contatto con noi fedeli. Simbolo di quest’unione con Dio è un bellissimo gesto che il sacerdote compie durante la Messa: unisce una goccia d’acqua al vino destinato all’Eucarestia. Quella goccia rappresenta noi, la nostra parte umana della quale Dio ha infinitamente bisogno. Ecco perché ci è stato chiesto “qual è la goccia che possiamo offrire?” e ognuno ha risposto con onestà e riservatezza a questa domanda. Madre Teresa di Calcutta disse: «Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno».

Gioia, giovane della chiesa Maria SS. DelR osario, Pomigliano

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