Aperidì: il racconto di un viaggio

In ascolto degli educatori per “una vita che trae luce dalla fede e una fede che non perde lo spessore dell’esistenza”.

Il 2 marzo è terminato il viaggio dei vice giovani Giovanna e Nicola, insieme all’équipe del settore giovani, per incontrare gli educatori dei gruppi giovani e giovanissimi nei vari decanati della nostra diocesi.

Da dove partire per avviare la riflessione per un servizio che non si stanca, ma è sempre rinnovato dalla realtà in cui viviamo, insieme ad ogni giovane e giovanissimo?

Il progetto formativo “Perché sia formato Cristo in voi”, ci aiuta in questo:

«Si è educatori per la propria esperienza di vita e per l’impegno del proprio cammino di fede, oltre che per le competenze di cui si dispone».

«Se uno ha realmente fatto esperienza dell’amore di Dio che lo salva, non ha bisogno di molto tempo di preparazione per andare ad annunciarlo, non può attendere che gli vengano impartite molte lezioni o lunghe istruzioni. Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”».

Dalla lettura di alcuni stralci del testo (capitoli 1-3), ci siamo chiesti:

“Quanto curiamo la nostra fede? Quanto la nostra fede influisce nel nostro servizio educativo?”.

Da queste domande c’è bisogno di ripartire per ritrovare e rinnovare continuamente il senso della chiamata che abbiamo ricevuto, insieme al “Sì” che abbiamo pronunciato, attraverso un lavoro quotidiano, in un cammino che ci chiede di essere accompagnatori presenti e testimoni credibili per i giovanissimi e i giovani che incontriamo all’interno dei cammini dei gruppi e lungo le strade delle nostre parrocchie.

La cura della propria vita spirituale, attraverso delle “buone prassi”, è il primo passo necessario che insieme abbiamo individuato, per ridare sapore alla propria esistenza e renderla capace di camminare al fianco dei nostri compagni di viaggio, provando ad indicare la strada, o comunque a percorrerla insieme.

Essere sempre alla ricerca di un dialogo con il Signore, guardare la nostra vita con gli occhi della fede, aiuta noi educatori a non abbatterci davanti alle difficoltà che appartengono alla dimensione ordinaria della nostra vita associativa e personale. Come educatori, siamo chiamati quotidianamente a consegnarci delle regole per una vita buona, che non smetta di profumare di Cristo e di lasciarci provocare dalla relazione con Lui: la lettura della Parola, i sacramenti, lo studio, il cammino personale con una guida spirituale, la vita comunitaria possono essere dei piccoli passi verso la costruzione di un cammino di fede autentica. Si tratta però di una costruzione che richiede cura quotidiana, proprio come le relazioni con i giovanissimi e i giovani che incontriamo, che in Cristo acquistano spessore e autenticità, gratuità e libertà.

È vero, educare oggi è una grande sfida:

«L’educatore è capace di relazioni discrete e propositive: discrete, perché non si sostituisce allo Spirito e alla responsabilità di chi deve compiere le proprie scelte di maturità; propositive, perché una vita donata nella gioia, sintomo di vera libertà, affascina le persone e ne sollecita le scelte. L’asimmetria educativa richiede la capacità dell’educatore di vivere relazioni nell’ottica del servizio e non del controllo. La responsabilità dell’educatore è quella di essere autorevole senza instaurare rapporti di possesso o di dipendenza con i ragazzi o i giovani che gli sono affidati: “Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle”».

Il confronto costante con chi vive lo stesso nostro servizio è importante, perché contribuisce a creare rete anche al di là delle nostre parrocchie, guardando alle nostre città, bisognose oggi più che mai di reti di solidarietà e prossimità, di confronto e partecipazione. Siamo chiamati a connetterci con la città, con la parrocchia vicina, con i gruppo giovani del nostro territorio, perché «nessuno di noi ha raggiunto il Cristo da solo, né direttamente, né una volta per sempre», ma insieme ad un popolo che con noi condivide il cammino.

Per comprendere sempre meglio la vita dei giovanissimi e dei giovani che ci sono affidati, è importante «amarli un po’ di più e un po’ meglio», come viene ribadito nel testo “Adolescenti h24”, a cura di Luisa Alfarano, don Tony Drazza e Michele Tridente, un testo che ci ha accompagnato lungo questo viaggio.

Un educatore non può dare per scontata la vita di fede dei giovanissimi che incontra ed è chiamato a testimoniare che la spiritualità non è qualcosa di staccato dalla vita, ma è essa stessa la vita.

La fede nasce dentro la vita, dentro la vita di qualcuno.

Il nostro augurio è proprio questo: «non stanchiamoci di porci domande “spesso scomode” sulla nostra vita di fede, perché la nostra responsabilità verso noi stessi, gli altri e l’associazione intera è davvero viva solo quando è caratterizzata da una inquietudine autentica alla ricerca di un dialogo con il Signore».

Giovanna e Nicola

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