Il grido della terra e il grido dei poveri e dei sofferenti ci interpellano: il racconto del convegno Bachelet 2021

Il XLI Convegno Bachelet, dal titolo “Il grido della terra e il grido dei poveri e dei sofferenti ci interpellano – Il cammino della fraternità e dell’amicizia sociale”, si presenta nel tempo attuale come una lente di ingrandimento sulla realtà, un momento per fermarsi, ascoltare e analizzare, una guida ad identificare il percorso tracciato da Papa Francesco attraverso le sue ultime due Encicliche, “Laudato si’” e “Fratelli tutti”. Guide di questo cammino restano Vittorio Bachelet, Giuseppe Dalla Torre, Mario Bruti, “uomini illustri, […] consiglieri per la loro intelligenza e annunziatori nelle profezie”; vite del passato di cui facciamo memoria affinché siano per noi sorgenti in grado di sospingerci sempre in avanti, esempi di Parola incarnata, una Parola che non si ferma superficialmente sulla pelle ma che entra dentro e pervade lo spirito e la vita.

Come il titolo suggerisce, è il grido dei poveri ad  interpellarci, è la sofferenza del mondo a chiedere attenzione, e noi come rispondiamo a queste richieste? La bussola per orientare le nostre scelte ci viene presentata da Papa Francesco, ed è un concetto tanto semplice e umano quanto complesso e quasi rivoluzionario per la nostra società: la Fraternità, che è efficienza, giustizia, partecipazione, solidarietà, ingredienti non più separabili tra loro e indispensabili al cambiamento. In un mondo in cui tutto è in relazione – contesti familiari, istituzionali, ambientali, educativi, urbani – la crisi a cui guardare è una sola, le soluzioni, invece, posso essere molteplici. Soluzioni, scelte, segni che sempre di più arrivano dal basso e che avrebbero solo bisogno di fare rete per contaminare il sistema, per reinventarlo dall’interno, per essere lievito nella massa. La crisi deve essere per noi il motore dell’azione, l’invito alla speranza, il carburante dei sogni. Sognare significa sperimentare una logica controcorrente, basata sul dialogo e sulla responsabilità condivisa, che faccia emergere una nuova umanità capace di andare dall’io al noi, oltre le frontiere, oltre le divisioni, oltre l’indifferenza, per costruire un futuro migliore. È questo il tempo in cui siamo tutti chiamati a prendere posizione, senza timori e paure, non più in forma isolata ma camminando insieme, come “artigiani di pace” capaci di usare sempre il linguaggio della gentilezza.

Una richiesta sempre più forte di umanizzazione interpella oggi l’economia, chiedendole di ripensarsi, riportando al centro l’uomo e riscoprendo il proprio posto a servizio dell’uomo stesso. Ripensarsi significa riscoprire la propria multidimensionalità, il proprio dinamismo, la propria cooperazione nell’evoluzione sociale, sorpassando le logiche di mercato che oscurano i reali bisogni dell’uomo, molto spesso inevasi, e dando spazio al lavoro come elemento coessenziale per il rinnovamento. È il lavoro, infatti, la chiave di volta. Non qualcosa che viene dopo, ma un’opportunità per le persone e per lo Stato. La politica è quindi chiamata in causa, in quanto prima incaricata alla creazione di condizioni favorevoli che permettano a ognuno di mettersi al servizio della propria comunità, di sviluppare le proprie capacità e di spendere le proprie competenze. C’è bisogno di una politica che guardi alla realtà, in ogni sua forma; alla società, in ogni suo anfratto; all’uomo, in ogni suo bisogno; perché è solo con uno sguardo rinnovato che si diventa capaci di guardare il tempo e lo spazio in cui si vive, identificando davvero cos’è il bene comune. Ed è questo il tipo di sguardo da rivolgere anche alla nostra terra, ormai sofferente, dalla quale dovremmo invece solo imparare. Imparare il senso della circolarità, che permette ad ogni elemento dell’ecosistema di funzionare in un’ottica di generosità, e il senso della cooperazione, che ci mostra il valore dello scambio reciproco indispensabile per un continuo sviluppo

Infine, tema che interpella non solo le istituzioni, ma tutti noi, è sicuramente quello dei flussi migratori, da sempre esistiti, ma diventati oggetto dell’opinione pubblica solo nell’ultimo ventennio; un tema, quello dell’immigrazione, legato fortemente all’idea di sicurezza nazionale, soprattutto dopo l’11 settembre, e per questo spesso monopolizzato. Ma ci siamo mai chiesti cosa significa emigrare e chi sono davvero i migranti? Fin quando si continuerà ad usare una grammatica discriminatoria che classifica, incasella e giudica storie, volti, realtà, allora ci limiteremo a dare assistenza invece di prenderci cura dell’uomo e di farci carico di un percorso di educazione e inserimento sociale. Perché l’accoglienza può essere virtù e risorsa se pensata in un’ottica di amicizia sociale, di inclusione sociale

Fin quando non riusciremo a sentire la fraternità come parte di noi, a ragionare secondo fraternità, a vivere praticando la fraternità, non riusciremo a sentire il grido del povero, del profugo, del sofferente, saremo sordi al grido della terra, ai segni del male che facciamo ogni giorno al nostro mondo. Eppure basterebbe solo capire che la terra è casa nostra, che è un dono da preservare, e che nello sguardo dell’altro ci siamo anche noi, che la vita dell’altro vale tanto quanto la nostra.

Francesca Masucci, membro di equipe Acr

Su https://youtu.be/ngtk5xKj2Uk è possibile rivedere la registrazione del convegno

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