Mi è stato chiesto di raccontare un po’ come è andato il campo adulti diocesano, che si è svolto a Fiuggi (ma non solo) dal 26 al 28 luglio dal titolo “Benedetta pazienza…Il discernimento come luogo dell’incontro con Dio”.
Pur avendo partecipato nella mia vita a molti campi ed esperienze diocesane, questi sono stati giorni speciali, i primi trascorsi solo con il settore adulti, e confesso che un po’ di titubanza c’era. Le domande con sui sono partita erano: “e se il tema del campo è troppo elevato o distante dalla mia quotidianità? E se mi sentirò un pesce fuor d’acqua insieme a persone con molta più esperienza di fede e di vita di me?”). Tali perplessità sono sparite per fortuna fin da subito, grazie alla dolcezza e simpatia degli altri “campisti”.
Prima di arrivare a Fiuggi, abbiamo fatto tappa all’Abbazia di Casamari, dove ci ha atteso pazientemente (è il caso di dirlo) padre Igino, per una prima introduzione alla figura che ci ha accompagnato in questi 3 giorni: Giobbe e la sua pazienza di fronte alle tante sofferenze della vita. Don Aniello Tortora ci ha poi fornito una seconda introduzione al campo chiedendoci se il discernimento che facciamo è un discernimento dell’Io o un discernimento di Dio. E’ possibile, infatti, arrivare al secondo se facciamo memoria dei doni ricevuti, se rendiamo grazie e se ci convertiamo. Così arriviamo al discernimento di Dio, che vuol dire interrogarsi sempre su ciò che è buono, su ciò che è gradito a Dio, su ciò che è perfetto. Per entrare in un’autentica relazione con il Signore è necessario anche chiederci quale è l’immagine che noi abbiamo di Dio.
In serata con un simpatico gioco, suddivisi in squadre, abbiamo mimato delle false rappresentazioni di Dio oggi molto diffuse. C’era Dio come bacchetta magica al quale ci rivolgiamo per ottenere ciò che vogliamo, Dio come Dio spietato che consente tante tragedie nel mondo, Dio come natura matrigna che prima ci crea e poi ci abbandona al male… Don Aniello ci ha aiutato a riflettere che l’immagine che noi abbiamo del Signore condiziona enormemente la nostra relazione con Lui, poiché soltanto la rappresentazione di un Dio che ci ama ci consente di amare.
Altro tema fondamentale del campo è stato affrontato la mattina del secondo giorno: come il dolore e le sofferenze interrogano e mettono alla prova la nostra fede in Dio. L’atteggiamento di Giobbe di fronte ai suoi enormi patimenti ci è da esempio: non perde mai la fiducia nel Signore, non smette mai di interpellarLo sulle molteplici sciagure che lo colpiscono. Il confronto che si è sviluppato nei gruppi su queste tematiche mi ha regalato testimonianze altissime di resistenza e perseveranza nel dolore; i miei compagni di viaggio mi hanno mostrato con le loro parole e con le loro testimonianze che l’unico modo per sopportare la croce è…condividerla, affidandosi agli altri.
Nella mattina di sabato è venuto anche a trovarci il nostro Vescovo Francesco, che ci ha guidato con una catechesi sul libro di Giobbe. Giobbe, emblema dell’uomo giusto che soffre, è un uomo ideale, senza colpe, che rimane fedele al Signore anche quando gli viene tolto tutto. Da Giobbe impariamo che la prova è per tutti e che tutta la nostra vita è un cammino nella prova, che i piani di Dio sono misteriosi, e che solo con un atteggiamento umile possiamo costruire un corretto rapporto con il Signore.
All’intensità e alla profondità delle riflessioni della mattina è seguita nel pomeriggio una gioiosa e interessante visita guidata all’Abbazia di Subiaco: mi ha colpita la non comune capacità del nostro gruppo, così eterogeneo per età (dalla mascotte Vincenzo Paolo di 2 anni alle signore più navigate dell’associazione) di camminare insieme…in perfetto stile AC ☺.
L’ultimo giorno di campo ci ha riservato spunti e riflessioni sulla pazienza, che non ha niente a che vedere con la rassegnazione, ma piuttosto con la resistenza e la perseveranza. Ognuno di noi è stato chiamato a riconsiderare gli atteggiamenti adottati nelle proprie situazioni di vita e a chiedersi quando e quanto siamo stati Hulk, pronti ad esplodere di fronte alle avversità, e quanto pappice, in grado appunto con pazienza e perseveranza di insistere anche di fronte a situazioni all’apparenza inespugnabili come il guscio della noce, perché sicuri che oltre quella prova c’è un progetto di bene per noi.
Resistenza e perseveranza come caratteristiche di un adulto di Ac dunque, che non è fermo, “arrivato”, ma sempre in cammino, perché sa, come ci ha ricordato il Vescovo Francesco, che ogni scoperta fatta è importante per la verità che contiene in sé, ma non è mai l’ultima e la definitiva. E’ stato un campo adulti molto formativo, che non ha avuto l’obiettivo di fornirci esaustive risposte, ma di ricordarci l’importanza fondamentale di porci sempre domande per poter crescere nella nostra vita di fede.
Ma oltre che per le tante domande e qualche risposta sono tornata a casa grata al Signore per i bellissimi adulti di Ac incontrati in questo campo, che con semplicità hanno saputo donare affetto e cura ai nuovi membri del gruppo!
Anna Giamundo
comunità interparrocchiale di Brusciano
Allegria,passione,formazione,condivisione,scoperta della bellezza di Dio nella nostra vita ordinaria-normale. Sono alcune parole che ci hanno accompagnato in questi pochi ma fruttuosi giorni. Porto con me la bellezza dello stare insieme, la bellezza della fede condivisa, la bellezza dell’amicizia la bellezza di rapporti/relazioni umane autentiche, la bellezza di raccontarci gioie e dolori, la bellezza di essere capaci di saper sperare e sognare insieme.