Nella storia dell’Azione cattolica gli incontri con il Papa hanno un significato speciale. Mario Fani e Giovanni Acquaderni, i “fondatori” dell’Ac, misero in piedi i primi nuclei giovanili nel 1867-68 proprio per “difendere” il Santo Padre Pio IX. E a ogni pontefice è legata una tappa cruciale dell’associazione. Come dimenticare il “Non abbiamo bisogno” con cui Pio XI provó a tutelare l’Ac dalle grinfie del fascismo. Come dimenticare l’adunata notturna oceanica con cui l’associazione salutó il Concilio e che ispiró il “discorso alla luna” di Giovanni XXIII. Come dimenticare la relazione paterna, fraterna e generativa tra Paolo VI e l’Ac. Come dimenticare Loreto 2004, quando uno stremato Giovanni Paolo II ci consegnò il suo ultimo mandato: contemplazione, comunione, missione. Addirittura con papa Ratzinger abbiamo vissuto due passaggi bellissimi: i 140 anni dell’Ac nel 2008 e un inedito incontro dedicato solo ad Acr e giovanissimi, i piccoli dell’associazione, nel 2010.
Chiaro dunque che grande è l’attesa dell’Azione cattolica italiana per il primo incontro “di massa” con Papa Francesco. Abbiamo avuto un antipasto nel 2014, ma riservato solo ai presidenti parrocchiali. Allora il mandato fu “rimanere, andare, gioire”. Ma stavolta ci saremo tutti, dai bambini agli adulti. E abbiamo la sensazione che, ancora una volta, l’appuntamento con il Papa avrà un rilievo particolare. A suo modo storico. Se non altro perché arriverà appena 24 ore dopo il viaggio di pace di papa Francesco in Egitto, dove poche settimane fa la Pasqua dei copti è stata bagnata da sangue innocente. Senz’altro questo incontro servirà a tracciare una linea che, consolidando i 150 anni di storia dell’Ac, renderà più chiaro il presente e il futuro dell’associazione.
Già, perché se c’è un'”ansia” che agita l’Ac in questo tempo, è l’ansia del presente e del futuro. Il presente e il futuro delle persone in carne e ossa, innanzitutto, soprattutto delle nuove generazioni. Il presente e il futuro del Paese, dell’Europa, del mondo intero. Il presente e il futuro della Chiesa. Il presente e il futuro dell’Ac stessa, che si condensa in poche domande: c’è ancora voglia di Concilio? Vescovi, sacerdoti e gli stessi laici, al di là di un generico affetto verso l’associazione, conservano una stima operosa verso quelle esperienze laicali che, dopo 50 anni, provano ancora a rendere ordinarie e autentiche le “conquiste” – mai conquistate del tutto – del Concilio Vaticano II?
Mi aspetto che si parli molto di Concilio, il 30 aprile in piazza san Pietro. Perché, sino a prova contraria, é ancora il Concilio il nostro programma di vita, il programma della Chiesa, un programma di pace e convivenza solidale per tutti, credenti e non. E dentro il Concilio c’é il sogno di un laicato qualificato, testimoniale, corresponsabile. Dentro il Concilio c’è il sogno di un’opera formativa ed educativa che sacerdoti e laici portano avanti insieme, considerandola una priorità assoluta, con lo stile della semina e non quello del raccolto prematuro e capriccioso.
Saremo in tanti, da Nola, più di 1600 accompagnati dal vescovo Francesco. Certo, la prima sensazione, messo piede in piazza San Pietro, sarà quella di sentirci orgogliosi. Sarà umano provare una sensazione del genere. Ma poi l’orgoglio ce lo metteremo in tasca e ci prepareremo a ricevere il nuovo mandato che il Signore vuole offrirci attraverso papa Francesco. Dobbiamo farci trovare pronti per rimetterci, ancora una volta, in cammino. 150 anni di storia sono tanti e sono testimonianza della presenza dello Spirito in questa esperienza associativa. Ma desideriamo che questi 150 anni siano solo l’inizio di una storia che duri “per sempre”.
Marco Iasevoli, presidente AC di Nola. Articolo pubblicato su InDialogo del 23 aprile 2017