Il tema del campo di quest’anno “L’AC casa di relazione ed evangelizzazione” pone l’accento sulla necessità di costruire, attraverso il nostro impegno, un’AC a forma di casa; costruire un luogo dove riscoprire il senso dell’appartenenza comunitaria della fede e della chiesa, segnata dalla fraternità tra le persone, dove ognuno si sente sostenuto da una trama di relazioni profonde e forti. E’ importante che si sappiano alimentare relazioni aperte e costruttive caratterizzate dall’accoglienza, dal rispetto e dal dialogo. Fare casa significa, ancora, riscoprire la bellezza dello stare insieme, dove ci si accompagna reciprocamente lungo il cammino della vita e delle fede, nel quale ci si sostiene nelle difficoltà, condividendo i dubbi, le paure, e ci si testimonia reciprocamente e quotidianamente la bellezza di una vita radicata nel Vangelo. L’essere associazione impegna a camminare nell’unità e a fare famiglia: per la Chiesa, segno di comunione e di amore; per ogni persona, tirocinio di socialità, con la sua esigenza di concorrere a realizzare obiettivi comuni e con la disciplina che essa esige perché si possa camminare insieme, tenendo conto delle esigenze e del passo degli altri. Ma anche tirocinio di vita ecclesiale, che chiede la tensione all’unità, all’integrazione, alla testimonianza di quella comunione che è dono e impegno e che esige di tramutarsi in percorsi che realizzano una fraternità senza confini.
Creare un clima familiare, allora, ci richiede la capacità di accompagnare alle parole i valori, quali: la confidenza, l’affidamento, la fiducia e la prova vissuta nel valore delle parole. Lo stile familiare diventa una vera testimonianza contro un individualismo dominante che pone l’enfasi sull’io e sulle sue esigenze. Oggi, infatti, è difficile vivere il rapporto con l’altro nella prospettiva del legame stabile, della relazione gratuita, della reciprocità che accoglie l’altro come dono e accetta di essere identificati anche dalla relazione con lui.
Pertanto, in quanto corpo di Cristo, la comunione rappresenta l’anima della Chiesa. La fede in Dio Trinità ci dice che la comunione è possibile ed è un dono che accogliamo da Lui; è grazia e non la somma dei nostri sforzi o il frutto delle nostre buone volontà. Ciò che ci fa diventare costruttori di comunione è prima di tutto il credere all’amore di Cristo, che ha dato il suo sangue per ogni uomo e donna. Ciò significa vivere la comunione come un’esigenza oggettiva della nostra fede.
Guardare alla casa, quindi, significa, guardare alla famiglia, come struttura comunionale nella quale Dio Trinità ha voluto esprimere l’intimo di se stesso: perfetta unità e perfetta distinzione in un amore Infinito. Per questo la famiglia è un patrimonio divino e umano di comunione, un patrimonio da riscoprire e rivalutare, un patrimonio che può essere usato per far crescere la comunione di amore, un patrimonio per contagiare di amore, la chiesa, la comunità e l’intero territorio.
Lo stesso Vittorio Bachelet, ci ricorda questo spirito evangelico dell’AC affermando: <<L’Azione Cattolica nasce e si sviluppa come consapevole corresponsabilità nella Chiesa e come impegno missionario: per questo fa suo il compito di evangelizzazione e di santificazione e quello di formazione cristiana delle coscienze degli uomini, perché lo spirito evangelico viva nel cuore di ciascuno e nelle varie comunità e nei vari ambienti. Essa intende l’apostolato come servizio di una carità che partecipa ai fratelli il dono del Vangelo che ha ricevuto e promuove nei suoi aderenti una coerenza tra fede, carità e vita>>.