Dieci giorni al voto

Sarà un voto anomalo quello del prossimo 13-14 aprile. Sono in molti ad essere addirittura sorpresi dal repentino avvicinarsi della data-clou. Perché non si è avvertito il classico “clima” da campagna elettorale (forse per colpa del “fair-play”, che a quanto pare sarà lievemente accantonato nell’ultima settimana). Perché la disillusione montante porta ad ascoltare e leggere senza pathos i vari proclami. Perché su alcune tematiche sociali calde ci si è limitati alle enunciazioni di principio, senza scendere nei particolari delle misure che realmente le forze politiche intendono adottare (vedi salari e costo della vita). Perché su alcune questioni etiche e culturali c’è stata una spaccatura tra grandi e piccoli partiti, con i primi impegnati a prevenire ogni rottura interna e i secondi tendenti a radicalizzare il loro orizzonte valoriale.Insomma: poche polemiche (e questo può essere un bene se non sfocia nello stucchevole), ma anche pochissimo approfondimento sui tanti mali del Paese. Il risultato è che alcune tematiche, pur importantissime, sono state completamente estromesse dal dibattito. Ne vogliamo sottolineare tre:

  1. L’immigrazione. Una boutade di Berlusconi sul voto agli immigrati ha immediatamente scatenato la reazione della Lega. Un fulmine che non ha annunciato temporali. Il tema non c’era prima, non c’è oggi. I fenomeni migratori, che pure sono stati nell’agenda del governo Prodi per tanti mesi, sono improvvisamente diventati marginali. Eppure sappiamo che l’Italia latita sia sul versante dei diritti umani e civili da assicurare alle persone che raggiungono il nostro paese, sia sul versante della sicurezza da assicurare ai cittadini (e della pena da comminare a chi delinque), sia sul versante del dialogo interculturale e interreligioso. È un fatto che le braccia degli stranieri reggono la nostra economia. È un fatto che attraverso le donne dell’Est si è creato un “welfare parallelo” (vedesi l’assistenza agli anziani). È un fatto che gli stranieri ci sono, e ce ne saranno sempre più da vecchi e nuovi paesi d’emigrazione.
  2. Nei singoli programmi non mancano riferimenti particolareggiati, ma tra Alitalia, mozzarella di bufala e duello televisivo non sono emersi. Ma questa è una di quelle domande da fare, e per le quali pretendere una risposta. Perché sulla capacità di costruire una società solidale e aperta al diverso si gioca, forse, il futuro dell’intera umanità.Il Sud. No, non vogliamo essere l’eterna questione dell’Italia. Non vogliamo nemmeno più dilapidare risorse pubbliche che vanno ad alimentare paradossalmente i motivi stessi del nostro malessere. Però la politica non può più sottrarsi alle proprie responsabilità. Con una legge che impedisce di esprimere le preferenze, le liste non solo sono fatte dalle segreterie dei partiti (questo accade sempre…), ma prestabiliscono l’ordine con il quale i candidati saranno eletti alle Camere. E allora, tanto valeva trasformare questo limite in un pregio. Era lecito attendersi segnali migliori sulla lotta alla malavita organizzata e sull’ambiguità che viene spesso a crearsi tra esercizio della responsabilità e lucro personal/familiare. Dai nomi dei candidati si attendevano segnali di speranza e di novità. Ce ne sono stati pochissimi. Mentre in molti casi si è preferito puntare su uomini che, seppur discussi e con qualche ombra, assicurano tanti voti. Il Sud retrocede paurosamente in ogni classifica economica, sociale, culturale. Il fardello che il sistema-Paese si porta sul groppone rischia di divenire insostenibile. Il Nord ha già dato tanti segni d’insofferenza, spesso presi sottogamba anche dal punto di vista culturale. Noi tutti ci chiediamo: ma il Sud può rinascere? In questa terra affondano, e spesso muoiono, le speranze di tanti uomini, specie di tanti giovani. È questo un altro quesito sul quale, nell’ultima settimana, dovremmo vigilare.
  3. La moralità della sfera pubblica. È la terza questione sulla quale, a mio avviso, si è glissato. La legislatura che volge al termine è caduta, almeno formalmente, sul conflitto tra un politico, Clemente Mastella, e la procura di Capua. In generale, i rapporti tra politica e magistratura sono stati sempre al centro del dibattito. Si fa un uso politico della giustizia? Si rischia di usare strumentalmente la clava giudiziaria nel confronto tra parti in competizione per il potere? C’è reale autonomia tra le due sfere? Ma il problema, a mio avviso, è un altro: esiste un’etica di chi fa politica? Esistono fatti che, penalmente rilevanti o meno, richiedono l’uscita dalla scena pubblica? Esistono errori che, volontari o frutto d’incompetenza, devono portare a passare la mano? Esistono comportamenti e condotte che, in maniera univoca, devono essere richiesti a chi è ospite delle nostre pregiate istituzioni democratiche?

Sono certo che questo tema, apparentemente fumoso, sia in realtà anche più importante e fondante di quello legato ai costi della politica…Molti altri sono stati i temi in ombra.

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Marco Iasevoli