Prima domanda semplice e banale: cosa si prova nel ritrovarsi eletta presidente diocesano (dopo le elezioni assembleari che hanno messo in luce una grande fiducia verso di lei, la stessa che ripone Mons. Beniamino Depalma che la ha nominata) e come cambia il suo approccio quotidiano (inteso come mentalità e non come cose da fare) con l’Associazione dopo essere stata investita di tale responsabilità?
La sensazione più profonda che si prova è di una grande gioia e un grande entusiasmo che percepisco nelle persone che mi sono intorno, poi avverto anche un profondo senso di responsabilità perché è davvero una Grazia del Signore tutto questo, un bene grande che non va sprecato e che va fatto fruttificare, sentimenti che condivido con tutti i membri della presidenza e del consiglio diocesano.
Altra domanda semplice: perché l’AC? Che cosa l’ha attratta da piccola verso la nostra Associazione? E come sono cambiati e si sono sviluppati i suoi sentimenti verso di essa man mano che cresceva?
Posso dire di esserci arrivata un po’ alla volta all’Azione Cattolica. Ho avuto la tessera di “piccolissima”, poi di “beniamina”, però lo facevo più come tradizione, come un qualcosa che veniva continuato nel tempo senza grande consapevolezza, come è un po’ per tutti i bambini.La scelta vera e propria, fatta in prima persona e in modo consapevole, l’ho compiuta in età adolescenziale. Era la “nuova” Azione Cattolica, quella del nuovo statuto. Scelta che poi, nel tempo, è stata resa sempre più salda da un senso di appartenenza profondo e che mi fa sentire l’Azione Cattolica parte della mia vita: è il mio posto nella Chiesa, il mio modo di essere, di vivere la fede. È, infatti, nell’Azione Cattolica che ho imparato ad incontrare il Signore e a fare di lui il centro della mia vita, a conoscere ed amare la Chiesa. Poi nell’AC c’è gran parte della mia vita relazionale, degli affetti: è qui che ho imparato a scoprire il senso vero dell’amicizia che poi ho sperimentato e vissuto anche in altri contesti, esterni all’Associazione. Devo quindi davvero tantissimo all’Azione Cattolica, è un qualcosa che sento davvero essere parte di me.
Il ricordo associativo più bello che ha? Non vale dire la nomina a presidente!
Ho ricordi bellissimi del tempo della giovinezza. Sono stata vicepresidente del settore Giovani (triennio 1983-1986) e già dall’Ottanta facevo parte della commissione del SG come incaricata del Movimento Studenti, che si è costituito proprio in quegli anni. Quelli sono stati gli anni della mia formazione, della mia crescita in senso pieno e che porto nel cuore. Ricordo, ad esempio, l’amicizia molto forte che c’era tra le persone impegnate in questa esperienza come SG. E poi ricordo con gioia anche l’affetto che ci univa alle altre persone dell’Associazione, anche ai più grandi, agli adulti.Per me l’Azione Cattolica è sempre stata un’esperienza di relazione molto forte con le persone, relazioni attraverso le quali passava poi tutto il resto: l’impegno, la crescita nella consapevolezza dell’appartenenza ecclesiale, nella propria fede. Io ho studiato teologia e mi trovo ad insegnare nella Facoltà teologica, ma posso dire che il primo approccio teologico l’ho avuto all’interno dell’AC perché è veramente lì che ho avuto la possibilità di avviarmi ad una fede consapevole, una fede non solo assunta dalla tradizione, ma scelta con piena libertà, pensata e scoperta sempre più profondamente anche nei suoi contenuti. Un’esperienza a tutto tondo. Quindi tanti ricordi belli, legati soprattutto a quelle relazioni vere e forti che hanno costituito la trama del mio stare nell’Associazione e la trama della mia vita.
Come vede l’AC diocesana oggi? E se dovesse associare una parola ad ognuno dei tre anni, quali sceglierebbe?
L’Associazione la vedo bene. D’altra parte l’Assemblea e il primo Consiglio hanno messo in luce un’Azione Cattolica viva, vitale, giovane, basti pensare il numero considerevole di giovani presidenti che abbiamo in questo triennio. Un’AC che ha voglia di esserci, che ha voglia di fare, entusiasmo, capacità di mettersi in gioco. Tutto questo è frutto del lavoro silenzioso, spesso nascosto, quasi invisibile, ma continuo, quotidiano e forte di Giovanni Albarano, che sento di dover ringraziare con tutto il cuore, perché se oggi abbiamo la possibilità di essere una presenza significativa nella Chiesa e nei nostri paesi lo dobbiamo anche e soprattutto a lui.Credo che la prima cosa su cui puntare, il primo obiettivo che secondo me è da perseguire, discorso che naturalmente è poi da affrontare insieme con la Presidenza e il Consiglio, è l’unitarietà, la capacità e il gusto del camminare insieme, di pensare, lavorare e progettare insieme, di vivere insieme l’esperienza associativa, non come frammenti isolati, perché quello che di bello siamo capaci di fare deve diventare patrimonio di tutti, ricchezza condivisa, non solo a livello della comunicazione, a cose già fatte, ma sin dall’inizio. Occorre cioè ritrovare la capacità di procedere insieme, anche se questo richiede un po’ di fatica, che qualche volta il passo rallenti, ma in realtà è un rallentare per ritrovare uno slancio ulteriore, la capacità di correre, perché quando ci si sostiene reciprocamente, c’è una condivisione reale, l’entusiasmo entra in circolo e davvero si è in grado di fare cose di grande respiro. Tutto ciò perché mi sembra di poter dire che all’interno dell’Azione Cattolica di Nola si facciano cose belle all’interno dei singoli settori, c’è una tradizione di impegno molto significativa, ma dobbiamo fare in modo che questa bellezza, questa ricchezza sia condivisa già dall’inizio, cioè che nasca come espressione d’insieme dell’Associazione.Credo poi che un altro obiettivo da darci sia il ritrovare il gusto di sognare, cioè dobbiamo guardare lontano, ancor più di quello che abbiamo fatto in questi anni. Proprio in virtù di queste condizioni di partenza molto positive dobbiamo avere il coraggio di osare e di sperimentare qualcosa di nuovo, forme e modalità nuove, come ad esempio di presenza sul territorio, perché credo che questa nostra terra, così devastata e martoriata abbia bisogno di una presenza significativa e profetica, qualificata come siamo capaci di fare, solida come è nella tradizione dell’Azione Cattolica. Una presenza che ponga anche dei semi di speranza. E ciò si impone a noi come un dovere cui non possiamo venir meno.
Cosa si aspetta dica il Santo Padre Benedetto XVI nel suo messaggio all’AC durante l’incontro del 4 maggio a piazza San Pietro?
A me piace molto un’espressione che usò una volta Giovanni Paolo II: “So che voi ci siete”, un’espressione che trovo bella perché dice tutto e mi auguro che il Santo Padre esprima affetto verso l’Azione Cattolica, che dia fiducia alla nostra associazione, che esprima stima e apprezzamento del lavoro che viene svolto nel silenzio, nell’ordinarietà. Noi non siamo per i grandi eventi, per la spettacolarità, siamo per un impegno che è serio, concreto, quotidiano, per la straordinarietà del quotidiana, siamo la Chiesa che fa casa fra gli uomini. La nostra è, quindi, spesso una presenza nascosta ma solida, che costruisce piano piano una realtà non effimera, non di sola immagine. Perché, che lo si riconosca o non lo si riconosca, sull’Azione Cattolica si può sempre contare. È da lì che vengono laici che vivono in modo consapevole la loro fede e che vivono con disponibilità di servizio la loro presenza all’interno della Chiesa.