Persone in & Persone out

Se giocassimo a io-dico-una-parola-e-voi-subito-la-associate-ad-un’altra e io dicessi (ma proprio per caso….) “carcere”, penso che vi verrebbe in mente: Poggioreale, crimine, detenuto, pena, colpa, perdono, indulto e cose simili.Se provassimo, invece, a fare questo gioco con tali Hermes, Matteo e Simone e scegliessimo (sempre per caso) come parola “carcere”, probabilmente ci sentiremmo rispondere: sezione Prometeo, cella, persone e blog … Sì perché Hermes Delgrosso, Matteo De Simone e Simone Natale sono tre ragazzi che, dopo una prima esperienza animativa all’interno di un carcere, hanno inventato un metodo per mettere in comunicazione i detenuti della sezione Prometeo del carcere di Torino con il mondo esterno e lo hanno fatto in un modo semplice: un blog. I detenuti scrivono, loro settimanalmente raccolgono i loro post e li pubblicano in rete, portando poi agli autori, in versione cartacea, i commenti ricevuti.È nato così Dentro e Fuori, un mezzo per far dialogare due mondi che mai dovrebbero scollarsi: troppo spesso non ci fermiamo a riflettere (e io sono il primo a farlo) su cosa significhino realmente delle cose, cosa significhi essere un carcerato, di come sia la vita vera lì dentro, sentendosi come un reietto e con, spesso, addosso un peso enorme.Ecco allora che un blog può servire sia a sentirsi ancora vivi, sia a ricordare, a chi quella vita sembra buttarla via, quanto in realtà sia preziosa. E chi può apprezzarla più di una persona che ha toccato con mano l’esperienza di una rinascita?Scrive, ad esempio, Giancarlo:”Come ho già detto non so se e come potrò avere delle risposte a ciò che continuerò a scrivere, ma la cosa importante è che sia tornato a farlo con più entusiasmo e con più voglia, perché questo è l’unico modo per potermi confrontare e relazionare con l’esterno.
Alcuni giorni fa parlando con l’operatrice è venuto fuori un disagio che mi ha fatto riflettere: a volte uno dice e fa determinate cose per soddisfare la propria parte narcisistica, e quale modo migliore c’è se le conferme vengono da altri (non so se sono riuscito a spiegarmi), quindi mi sono chiesto se io facevo ciò con il mio scrivere sul blog. La risposta non mi interessa perché scrivere è una cosa che mi fa stare bene e finché ciò avverrà io continuerò a farlo senza farmi troppi giri di testa.
Ora vorrei dare un paio di risposte ad alcuni interventi che ho ricevuto su ciò che ho scritto.
A te, Virginia, ho letto e riletto ciò che hai scritto e comunque non condivido assolutamente ciò che pensi; se qualcuno che tu ami ti chiede di aiutarlo a morire perché soffre e nemmeno la morfina lo aiuta, bisogna cercare di fargli comprendere che anche la sofferenza ha un senso. E non pensare:
“E’ facile dirlo!”, se io lo dico è perché a ciò sto dando un senso; prima di entrare in carcere assumevo 3 ½ di morfina (come terapia del dolore) al giorno. Non credere che io non abbia più dolori , è solo una scelta, la malattia che ho è degenerativa quindi non può migliorare, di conseguenza trovo più dignitoso essere lucido nel dolore anziché annebbiare la mia mente, perché non trovo il senso a ciò.
Scusa ma su questo la penso così e non cambio il mio punto di vista, perché per arrivare a questo ho dovuto totalmente cambiare il mio approccio alla vita e ora trovo il senso di viverla nonostante tutto; poi tu pensala come vuoi ma per me eutanasia e suicidio sono sinonimi di non coraggio a vivere la vita. Attenzione! Non ho usato volutamente la parola vigliaccheria perché avrei giudicato qualcuno che non la pensa come me, e giudicare è l’ultima cosa che voglio fare.
A te, Mari, per essere liberi basta avere il coraggio di cominciare a cambiare perché se non ti senti libera tu che sei lì fuori (come è giusto che sia) vuol dire che c’è qualcosa che non va.
E lo stesso vale per te, Nina, non so da cosa ti senti imprigionata e non voglio saperlo ma le cause a questi effetti le hai messe tu quindi agisci con azioni positive e avrai effetti positivi.
E a te, Jessica, vorrei anch’io un contatto umano ma purtroppo sono ancora carcerato anche se con il mio cuore sono con tutti voi; non immaginate quanto mi state dando ed è per questo che vi voglio bene.”Perché è vero che le cose vanno chiamate con il loro nome, che un detenuto è un qualcuno che ha commesso un errore, ma è pur vero che i detenuti sono in prima istanza delle persone e che una delle cose più belle della vita è che agli errori si può rimediare (in modo più o meno semplice). Naturalmente se viene data la possibilità di farlo. Perché il carcere non ha e non deve avere solo valenza punitiva, ma ha come scopo principale il recupero alla società delle persone. E non questo non va dimenticato mai.http://www.dentroefuori.org