Disegni di speranza per la città

Sabato 9 giugno, presso l’Università Parthenope, si è tenuto il quarto convegno “in Ascolto di Verona”, voluto dalla presidenza nazionale di AC per continuare a riflettere e calare nella realtà quotidiana le indicazioni dell’assise svoltasi nella città scaligera ad ottobre. Temi di questa giornata di studi erano la città, la partecipazione e il concetto di bene comune con l’obiettivo di rinnovare quindi l’impegno dei cattolici. La giornata ha visto susseguirsi negli interventi relatori quali Casavola, Acocella e Di Gennaro, rappresentanti delle realtà locali (Rosaria Soldi, Marco Iasevoli, don Franco Piazza) e laici “impegnati” come Francesco Cananzi e Nicola Campanile. C’era anche il presidente nazionale dell’Ac Luigi Alici, mentre l’apertura è stata affidata al cardinale di Napoli Crescenzio Sepe. Proprio Sepe è partito dall’invito che ha recentemente rivolto alla città: “Napoli non mollare, continua a sperare”. Speranza che è “il fondamento del vivere civile e religioso” e che è necessaria in un momento in cui farsi prendere dal disfattismo e dalla logica dell’ “ormai” appare come la via più semplice da seguire.La speranza, però, non è e non deve essere il frutto di un’illusione: il convegno non ha raccontato favole, non si è parlato di una Napoli versione “pizza e mandolino”. Da un lato si è fatta un’analisi della situazione sociale del sud e del Paese, spingendo all’azione concreta chi, avendo determinate responsabilità, avrebbe i mezzi e le possibilità per fare qualcosa. D’altra parte sono state poste all’attenzione le possibilità e le esperienze di bene che pure ci sono.Colpa solo di chi governa, dunque, se la situazione non è proprio rosea? No, certo. Più volte nell’aula è riecheggiata con forza la parola “corresponsabilità”: tutti, cittadini e politici, hanno la loro parte di colpa, per il loro silenzio, per il loro adattarsi al sistema, per il loro mancato (o errato) impegno nel servizio educativo ordinario, vera (e forse unica) soluzione percorribile. La necessità è rinnovare l’impegno verso temi quali la cittadinanza, la legalità, la solidarietà, la partecipazione, la costruzione attiva della pace , concetti che dovrebbero essere sempre presenti nelle programmazioni associative affinché si possa parlare di una speranza progettata, costruita e realmente efficace e non frutto di un’emozione o di un’emergenza. E la prima occasione per farlo è già dietro l’angolo sotto il nome di “settimana sociale”.Un’Azione Cattolica quindi che non si nasconde e che fa i nomi e i cognomi, ma anche e soprattutto propositiva, che ritrova all’interno del suo carisma la forma per ricollocarsi anche fuori dalle sagrestie.Cambiare, quindi, si può perchè “Napoli non è morta. Muore solo se la facciamo morire noi. Sradicare il male non è facile, è più facile fare del male quando questo ha preso terreno e le radici vi sono affondate”. Oltre ad una “realtà che va combattuta con tutte le forze, c’è anche un altro aspetto fatto di luci che devono essere portate all’attenzione del mondo[..]. Il bene non è meno attrattivo del male”. Certo non è facile, ma con l’impegno e la costanza di tutti ci si potrebbe ritrovare a vivere (e non sopravvivere) in una città diversa.