Traccia per il Consiglio parrocchiale di inizio anno

Iniziare col piede giusto è fondamentale in ogni cosa. In particolare, il primo Consiglio parrocchiale dell’anno associativo è importante per alcuni aspetti “organizzativi”, ma anche perché serve a rilanciare l’entusiasmo e darsi una direzione condivisa.

Per questo suggeriamo una cura particolare per questo momento (che è anche il primo di inizio anno dopo l’Assemblea, con il Consiglio parrocchiale rinnovato) e perciò vi proponiamo una traccia da poter usare e qualche suggerimento (in particolare occhio al punto 3!).

Scarica la traccia (a pag.3, dopo i suggerimenti): traccia-consiglio-inizio-anno-2024-2025-1.pdf (1 download)

Suggerimenti per un buon Consiglio di inizio anno

1. Dedichiamo a ogni cosa il tempo giusto: non arronziamo, ma nessuna maratona

Come ha detto papa Francesco ai giovani di Ac il 29 ottobre 2022, oggi “non c’è più la voglia di fare riunioni, dibattiti, assemblee… Per un verso, è una cosa buona, anche per voi: l’Azione Cattolica non dev’essere una “Sessione” Cattolica!, e la Chiesa non va avanti con le riunioni! Ma, per altro verso, l’individualismo, la chiusura nel privato o in piccoli gruppetti, la tendenza a relazionarsi “a distanza” contagiano anche le comunità cristiane”. 

È vero: siamo famosi per le nostre riunioni (tante e lunghe!), ma è pur vero che senza riunioni non saremmo associazione fondata sulla corresponsabilità. L’importante è trovare il giusto mix: restare concentrati sui punti all’ordine del giorno, senza divagare troppo (ma senza soffocare il confronto) e dividere se possibile il tempo destinato al “lavoro” al tempo per la “relazione” (che è importantissimo). Diamoci anche il tempo di dire come stiamo, di raccontarci come persone dopo le vacanze, magari condividendo qualcosa da mangiare insieme in uno stile di fraternità…Il tempo speso per stare insieme e condividere chi siamo e come stiamo al di là di ciò che facciamo è tempo investito, non tempo sprecato.

2. Mettiamo a fuoco gli obiettivi

È il passaggio fondamentale del consiglio di inizio anno. Non procediamo spediti immergendoci subito nell’elenco delle attività al grido di “l’anno scorso abbiamo fatto questo ed è andato bene, quindi lo rifacciamo; quest’altra cosa invece no, quindi eliminata”. Se è vero (ed è verissimo) che il “si è sempre fatto così” è una malattia associativa ed ecclesiale pericolosissima evitiamo di alimentare dinamiche che guardano più a ieri e a quello che siamo abituati a fare che ad oggi e a ciò che siamo chiamati a fare.

Facciamo perciò una foto alla nostra associazione, alla comunità parrocchiale, al territorio e chiediamoci in che modo possiamo servirle, di cosa hanno bisogno le persone con cui camminiamo. Capire il punto di partenza permette di tracciare il sentiero migliore per arrivare alla fine del percorso, senza correre il rischio di accorgersi di aver sbagliato strada, di non avere l’attrezzatura necessaria, che il tragitto non è adatto a tutti…

Una raccomandazione: cerchiamo di avere uno sguardo critico, ma speranzoso. Non facciamo finta che vada tutto bene (niente prosciutto sugli occhi e niente banalizzazione di eventuali problemi), ma non disegniamo scenari catastrofici e paludosi dai quali non è possibile uscire e all’interno dei quali ci si può solo flagellare…

3. Prendiamo un impegno. Uno, ma chiaro

Nella nostra foto associativa, individuiamo un aspetto che riteniamo molto importante, ma su cui ci rendiamo conto di essere carenti e destiniamole un’attenzione particolare come consiglio per realizzare quell’obiettivo durante l’anno (senza trascurare il resto!)

Basta una cosa (meglio una cosa realizzata che cinque solo abbozzate): può essere la costituzione di un gruppo che manca in parrocchia, un maggiore investimento nella promozione associativa (per missionarietà, non per proselitismo!), una maggiore presenza territoriale, una maggiore partecipazione agli appuntamenti diocesani (coff coff…), avere un’attenzione specifica per le famiglie, curare maggiormente le fasce di passaggio (14 anni/giovanissimi e giovani/adulti) se ci rendiamo che sono momenti critici in cui tanti si perdono per strada… 

4. Individuiamo gli educatori

Solo ora, alla luce degli obiettivi che abbiamo individuato e dell’impegno che abbiamo preso, facciamo discernimento per individuare le persone a cui affidare i gruppi. Perché scegliere gli educatori, che è compito di tutto il Consiglio e non di singole persone, non significa riempire le caselle, ma rispondere alle necessità associative nel rispetto della vocazione e delle esigenze delle persone..

bonus: Curiamo la dimensione interiore e la formazione

Last but not least ricordiamo che non siamo macchine e funzionari associativi. Lo abbiamo detto più volte: è l’interiorità che dà senso a ciò che facciamo. Senza aver cura della nostra vita interiore saremmo schiacciati dalla fatica, finirebbe la benzina, l’entusiasmo svanirebbe e inizieremmo a fare le cose solo nella misura in cui ci sarebbe un ritorno personale (gratificazione, tempo impegnato, ecc) smettendo qualora quel ritorno venisse a mancare. Può essere utile pensare di vivere un momento come Consiglio, magari a partire dall’icona biblica scelta per gli Orientamenti triennali (la moltiplicazione dei pani e dei pesci in Matteo 14,13-21) chiedendo al parroco di guidarla. 

Non sottovalutiamo anche l’importanza del confronto con gli altri e della formazione specifica: la formazione degli educatori e dei responsabili avviene innanzitutto attraverso il cammino ordinario del gruppo di appartenenza. Inoltre, gli appuntamenti diocesani rappresentano occasione preziosissima in tal senso, soprattutto quest’anno in cui verrà proposto un percorso specifico per gli educatori.

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