Eppure è gioia…

Mariarosa, Giovanna e Donatella ci raccontano come hanno vissuto il campo unitario…

“Immaginate l’appennino molisano e in particolare il Monte Matese invaso da una gioia unica e indescrivibile, è la gioia che i partecipanti al campo unitario AC di Nola hanno portato giovedì 27 luglio. Tra questi c’ero anch’io, con il cuore pieno di gioia e la certezza che anche questa esperienza avrebbe non solo aggiunto un tassello alla crescita della mia fede, ma mi avrebbe anche dato la possibilità di ricevere risposte a domande indispensabili alla comprensione degli stati d’animo, paure, incertezze che caratterizzano quella fase vita chiamata gioventù. Ma quali erano le attese degli altri adulti e soprattutto dei tanti giovani presenti? Forse c’era in loro il  bisogno di dare un senso alla gioia scaturita dall’incontro con coetanei e amici di AC? Allora  tutti a lavoro per imparare a trasformare la gioia dell’incontro in gioia piena, come piena e appagata è la vita di chi è consapevole che la vera gioia è un dono che  nasce dall’incontro con la persona viva di Gesù  e dalla nostra disponibilità a “fargli spazio in noi”.

La parola chiave che ha animato i laboratori dei giorni successivi è stata “discernimento”, quel discernimento che serve a diventare persone libere (cit. don Alessandro). A noi adulti, testimoni di speranza, è stato affidato il compito di aiutare i giovani nella difficile pratica di questa arte e, in tal senso, molto interessante e significativo è stato l’intervento di Don Alessandro incentrato sul rapporto tra discernimento individuale e comunitario e i criteri da seguire nella pratica di quest’ultimo. Per sostenersi reciprocamente in questa pratica è necessario creare relazioni vere, entrare in sintonia e proprio questi sono stati i temi centrali dell’intervento tenuto da Maria Grazia Vergari,  vice – presidente nazionale del settore adulti, che ha sottolineato la necessità di dedicare tempo alla cura delle relazioni e creare una sana cooperazione tra le agenzie educative.

La giusta programmazione delle attività ha permesso ai partecipanti di trascorrere del  tempo libero insieme, in modo da creare momenti di confronto e aiuto reciproco. E’ stato bello lasciarsi aiutare a cercare una rete wifi, a condividere immagini, a sostenersi a vicenda  nella discesa del trekking e a qualsiasi altra piccola necessità. Ancora più bello è stato rassicurare chi, tra i giovani, alla prima esperienza di campo, era spaventato dall’idea del deserto, all’idea di dover stare due ore senza conversare con nessuno e trovarsi da solo alla presenza del Signore. I giovani, seri e composti, hanno vissuto il silenzio del deserto contemplando le meraviglie del creato, che parlano di Dio, e hanno occupato tutti gli spazi e luoghi a loro  disposizione tra cui i prati e la chiesa contemplando davanti a Gesù Eucarestia. Il mio deserto si è trasformato in una preghiera che ho scritto al Signore e che provo ancora oggi a recitare per rivivere quel momento speciale. Alla fine anche questa esperienza si è conclusa troppo velocemente, le mie attese sono state soddisfatte. Nutro nel cuore la speranza che tutto quello che ho vissuto possa trovare compimento nella mia azione educativa e possa fare di me una persona migliore, perché migliore è il mio rapporto con Dio. Chiudo  ringraziando coloro che hanno permesso la realizzazione di tutto questo e in particolare i presbiteri per la loro costante e preziosa disponibilità. Cosa possa restare di una così ricca esperienza, non è dato a me saperlo, so sicuramente, perché l’ho vissuto, che chi, in questi giorni si è lasciato toccare il cuore sperimentando l’amore di Dio, saprà come trasformare  la gioia da fugace emozione di un momento a gioia piena che ti cambia la vita”.

Mariarosa, San Francesco d’Assisi di Sant’Anastasia (adulti)

 

“Era poco più di un mese fa quando tra le proposte estive dell’AC ce n’è stata una che ha catturato la mia attenzione, quella del campo unitario. A colpirmi è stato il titolo “La vostra gioia sia piena”, che cadeva perfettamente in questo momento della mia vita. E’ stato proprio il desiderio di sperimentare questa gioia, che mi ha indotto ad accettare questo invito. In passato, avevo già partecipato ai campi estivi organizzati dall’AC, sapevo bene che dopo sarei ritornata “diversa” e arricchita. Ricordo ancora il primo campo con il sorriso e ricordo soprattutto il senso di pienezza al mio ritorno. Per molto tempo mi sono chiesta a cosa fosse dovuto, ma poi crescendo, ho trovato la risposta: avevo incontrato Gesù!

Mi sono, così, messa in viaggio, con questi desideri nel cuore, con la voglia di incontrare, ma anche con la voglia (per non dire necessità!) di scavarmi dentro, per ascoltarmi, per capirmi in un momento un po’ particolare della mia vita. Ed ecco subito arriva la prima provocazione giovedì, quando ci è stato chiesto di metterci a fuoco, definendo il punto da cui partivamo. Attraverso la metafora dei numeri dello sport, abbiamo provato ad identificarci in uno di quelli proposti, a cui corrispondeva un ruolo preciso nel campo da gioco. E’ stato difficile scegliere estemporaneamente, ma come mi dice sempre qualcuno “le risposte a caldo sono sempre quelle più belle, perché sono le più vere”. Mi sono ritrovata sia nel ruolo di attaccante, che di centrocampista, perché avvertivo l’esigenza di mettere insieme i pezzi della mia vita, dando loro completezza e definizione, ma sentivo anche il desiderio di “attaccare la vita” e allo stesso tempo mi pesava la difficoltà di gestire i momenti no.

Venerdì è stata una giornata in cui abbiamo riflettutto sull’importanza della fede e della vocazione, partendo da una delle canzoni, che è anche una delle mie preferite (guarda caso!!) , che dice “senza amore noi non siamo niente mai”, perché “l’amore quando torna indietro ti darà di più”. Al centro di ogni cosa c’è l’Amore. Durante il mio percorso mi sono interrogata sulla vocazione, parola a cui ho dato un significato più profondo. Ho scoperto che nella mia vita la fede è molto presente e questo lo devo anche all’AC, che fin da piccola mi ha guidata verso uno stile di vita, basato su un Credo che va oltre le apparenze e che, attraverso il rapporto con Dio, mi aiuta a capire quale sia il progetto di vita che Lui ha per me. In questo momento non ho ancora ben chiara quale sia la mia chiamata, ma sicuramente so che ha a che fare con la passione, che mi spinge a fare le cose con amore, senza pretese, ma semplicemente con l’intento di essere presenza per l’altro. “Se ti chiama, vuol dire che ti ama!”, lo diceva don Tonino Bello e sono proprio queste le  parole che mi hanno messo in discussione.  Lo Spirito parla attraverso gli avvenimenti della vita di ognuno di noi e il discernimento ci aiuta a coglierne il vero significato. Mi ha molto colpito l’immagine di ognuno di noi come un setaccio a maglie strette che riesce a dare la giusta importanza alle cose, facendo passare ciò che è essenziale. Per riconoscere i segni della presenza di Dio, occorre silenzio. Ma quanto è difficile fare silenzio nella vita di tutti i giorni! Questo campo mi ha aiutata a fare silenzio, per ascoltarmi e ritrovarmi, per scavarmi dentro e mettere ordine, per scoprire chi sono e cosa Dio vuole da me. Negli altri ho potuto trovare tracce per il mio discernimento: tanti volti, tante storie, tanti dubbi, che mi hanno fatto capire che non ero la sola a cercare qualcosa.

Siamo tutti in viaggio verso qualcosa, con tante domande che fanno peso sul cuore e a cui possiamo provare a dare delle risposte. Con l’esperienza del trekking, sulle orme di Pier Giorgio Frassati, salendo verso l’alto e godendo delle bellezze del creato, ho capito quanto sia bello costruire legami forti, perché “nessuno si salva da solo”. Questi momenti mi hanno dato entusiasmo e grinta per  “prendere il largo” e non accontentarmi di piccole mete, ma di andare oltre verso la strada della Parola. Il momento più emozionante è stato il deserto, tempo durante il quale poter fare silenzio e ascoltarsi, sulla guida del vangelo di Giovanni. “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”. Ecco la GIOIA PIENA, che perdura, è costante e che deriva proprio  dal rapporto con Dio.

Il campo è stata per me un’esperienza straordinaria, che ti coinvolge e ti sconvolge allo stesso tempo e che custodirò nel mio cuore.  Tornata a casa, posso dire che qualcosa in me è cambiato nello spirito e nel cuore. Il vero campo inizia adesso, per portare lo straordinario nell’ordinario. Grazie Azione Cattolica, perché ho capito che la fede può illuminare e trasformare le scelte della mia vita in passi verso la gioia piena!”.

Giovanna, San Sebastiano martire di Marigliano (giovani)

 

Questo è stato il mio primo campo… e sicuramente mi resterá impresso a fuoco nell’anima… sì perche, partendo, nella mia valigia non c’erano che un vestiario alquanto vario (sia estivo sia primaverile), dentifricio, spazzolino, bagnoschiuma… Nell’altra mia valigia, quella che fisicamente non pesa, c’era quasi esclusivamente voglia di divertirsi, di creare nuove amicizie e di passare un buon fine settimana con i miei amici della “Stella” e delle altre parrocchie. Non avevo voglia di fare “troppo sul serio”.  Credo che questo non sia qualcosa di totalmente sbagliato. Avevo poi anche un terzo bagaglio: la mia chitarra. Mano a mano, però, insieme al suono della chitarra però cominciavo a sentire dentro anche un altro suono: quello del campo. Sin da subito questo suono mi spronava a non vivere troppo alla leggera quel fine settimana, a non lasciarlo scorrere via. E così ho cercato di fare. Ho caricato la mia valigia mentale della volontá di capire l’obiettivo delle attivitá proposte. Avevo voglia di “fare sul serio”.
Il campo unitario che abbiamo affrontato era sul discernimento: sull’interrogarci circa la nostra meta e sul saper scegliere i mezzi più affidabili per raggiungerla. Sicuramente l’attività che mi ha aiutato di più, quantomeno a ridurre la foschia, è stata quella del laboratorio. Per questo ringrazio l’educatrice del mio gruppo, Francesca, e le persone che hanno pensata alle attività.
Per il resto sono tornata dal campo con tante nuove domande sulla fede e sulla vita in generale. Domande che, non lo nascondo, mi preoccupano un po’, ma oggettivamente è meglio averle che non averle. Il bagaglio mentale quindi si è riempito ed ora ha un peso giusto.
Il primo bagaglio, quello fisico, invece, era pieno di indumenti troppo leggeri e perciò mai indossati (a Campitello faceva freschetto). Ho fatto, poi, alcune amicizie al campo ed ora mi posso dire appartenente ad una famiglia grandissima: quella dell’ Azione Cattolica (e lo dico con non poco orgoglio).
Sono veramente grata ad Andrea, mio amico e presidente parrocchiale, che ci ha spronato a partecipare a quest’ esperienza formativa fantastica.

Donatella, Maria SS. della Stella di Nola (giovanissimi)

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