“È una notte come tutte le altre notti, è una notte che profuma di avventura. Ho due chiavi per la stessa porta per aprire al coraggio e alla paura”. Le parole di Jovanotti, in concerto a pochi metri dal porto di Bari, arrivavano fino alla nave che ci avrebbe portati nella Terra delle Aquile. Era l’ultima data del suo tour e la prima della nostra esperienza missionaria. Quella sera è stata un po’ anche la mia “notte dei desideri”. Era passato già un anno da quando avevo ascoltato, per la prima volta, parlare di Albania e quel bagliore particolare visto negli occhi di chi ne parlava aveva fatto nascere in me una grande curiosità. Una curiosità che nei giorni prima della partenza stava diventando dubbio e preoccupazione verso un’esperienza a me totalmente sconosciuta. Da subito, però, con il gruppo si è instaurato un bel rapporto, a vederci dall’esterno, probabilmente, nessuno avrebbe immaginato che ci eravamo conosciuti solo poche ore prima. L’esperienza in Albania doveva essere una sorta di “grest estivo” per bambini e giovani, ma in realtà è stata molto di più. Più che un viaggio in Albania, io ho compiuto un viaggio dentro me stessa. Vivere due settimane a contatto con una realtà totalmente diversa da quella di sempre mi ha toccata profondamente, ha rimescolato tutte le carte in tavola, ha travolto e stravolto i miei schemi. Mi sono posta tante domande, sul mio stile di vita, sul mio relazionarmi con gli altri, sulla mia persona e sulla mia fede. Ero nella Terra delle Aquile, simbolo di libertà, e lì ho rimosso la mia corazza.
La storia dell’Albania l’avevo studiata tra i banchi di scuola, ma in nessun libro avevo appreso ciò che si legge negli occhi di quelle persone che la storia l’hanno scritta. Le lacrime che scendono giù e percorrono un viso segnato dal tempo e la voce tremante di chi ha vissuto il lungo periodo della dittatura sono il segno che l’oppressione religiosa, le persecuzioni, i martirii e i martiri sono storia ancora troppo contemporanea. Però alla sofferenza, di ciò che è stato e non potrà mai essere cancellato, pare si affianchi una voglia di riscatto. Una luce di speranza prova a farsi spazio tra gli orrori della dittatura. Uno dei simboli di questa rinascita è il Monastero delle Clarisse, un carcere durante il periodo della dittatura. Lì abbiamo toccato con mano il dramma del popolo albanese. Un popolo che per anni non ha avuto la libertà di professare la propria fede, un popolo che veniva portato in quel carcere e torturato perché amava il Signore. Quello che una volta era il luogo del dolore e della sofferenza, oggi, grazie alla presenza delle Suore, è un luogo dove l’aria profuma di libertà, quella libertà sempre negata, e dove i loro sorrisi conferiscono serenità e pace.
Di solito quando torno da un viaggio “porto con me” un po’ di dialetto locale, questa volta invece, oltre a qualche parolina in albanese, ho portato molto di più: i sorrisi dei bambini che la mattina alle 8 erano già carichi e desiderosi di trascorrere un po’ di tempo con noi, la magia nel comprendersi anche quando si parlano due lingue completamente diverse, gli abbracci gratuiti. Porto con me gli sguardi speranzosi di tanti miei coetanei, i bei legami che si sono instaurati da subito, le nuove amicizie, l’ospitalità del popolo albanese che mi ha fatta sentire subito a casa. Porto con me la spensieratezza che quel cielo stracolmo di stelle riusciva a darmi e tutta la gioia che ho scoperto nella preghiera quotidiana. L’Albania mi ha insegnato tanto, mi ha fatto sentire piccola e insignificante, mi ha fatto riflettere su quali sono le cose che veramente contano, quanto sia importante trovare un tempo per meditare su noi stessi. Ho sperimentato la semplicità e la purezza di quell’Amore incondizionato: “oltre le grandi acque c’è un diluvio d’amore!”
Chi ha visitato l’Africa pare si ammali di “mal d’Africa”, io, invece, sono stata a soli 200 km dalle coste italiane e credo di essere affetta da “mal d’Albania”. La cura? Riuscire a trasmettere alle persone che incontro tutta la ricchezza accumulata.
Ritorno alla vita di tutti i giorni con l’Albania, e tutto ciò che mi è stato donato, nel cuore e con una grande certezza.. “che Tu mi guiderai e che non mi abbandoni mai”!
Faleminderit Shqipëri.
Annalisa Marzia Felicella, parr. Santi Germano e Martino, Scisciano