L’omelia di padre Beniamino alla messa crismale e gli auguri dell’Ac per il suo 50° anniversario di sacerdozio

Pubblichiamo l’omelia pronunciata dal vescovo Beniamino durante la messa crismale del Giovedì santo, una vera “consegna” per i sacerdoti e i laici della nostra diocesi. La celebrazione è stata anche l’occasione ringraziare il Signore per i 50 anni di sacerdozio del nostro vescovo.

GLI AUGURI DELL’AC A PADRE BENIAMINO

Insieme ad una icona realizzata dalle suore Clarisse di Perugia, a nome di tutti i soci e simpatizzanti dell’Ac abbiamo lasciato questo messaggio a padre Beniamino:

Carissimo padre Beniamino,

siamo grati al Signore perché ha voluto che la tua strada si incrociasse con la nostra. Il tuo stile sacerdotale, confermato nel ministero episcopale, è per noi tutti testimonianza di umiltà, dialogo e fraternità. Con la protezione di san Paolino, continua a guidarci verso una fede che abbia il sapore e i segni della Pasqua. Con affetto filiale,

l’Azione cattolica della diocesi di Nola

L’OMELIA DI PADRE BENIAMINO (all’indirizzo www.diocesinola.it/web/content/messa-crismale-lomelia-del-vescovo anche la lettera del vescovo al presbiterio di Nola, l’impegno assunto dai sacerdoti e la preghiera per il 50° dall’ordinazione di padre beniamino)

Carissimi amici,

in questa solenne e significativa celebrazione eucaristica desidero innanzitutto ringraziare ciascuno di voi per l’amicizia con la quale avete accompagnato i giorni della mia malattia. Il mio carattere a volte schivo non vi inganni: ho avvertito un fuoco di bene che ho voluto interpretare non solo come affetto verso la mia persona, ma come amore verso la Chiesa di Nola e verso il ministero episcopale.

Nell’annuale messa crismale noi celebriamo il mistero della Chiesa locale, e di questa Chiesa la Parola ci ha ricordato la vocazione e la missione. La Chiesa colma dello Spirito perché possa continuare l’opera messianica del Servo di JHWH attraverso la profezia, il sacerdozio e la regalità. Fra poco benediremo e consacreremo gli oli santi che sono la mediazione attraverso la quale ci viene comunicato lo Spirito, materia tangibile per i grandi sacramenti che animano la vita della Chiesa. Nei sacramenti il Signore ci tocca per mezzo degli elementi della Creazione e l’unità fra Creazione e Redenzione si rende visibile in questi segni che ancora una volta ci fanno comprendere come Dio usi la fragilità dell’uomo e del Creato per rendersi presente nella storia degli uomini e annunziargli e realizzare la vocazione alla santità. Ma è anche il giorno nel quale noi presbiteri facciamo memoria della grazia del ministero. Memoria per risvegliare lo stupore e la gioia di essere stati associati alla persona di Cristo e alla sua missione.

A voi presbiteri, miei fratelli e collaboratori del ministero vorrei in questo momento aprire il cuore. Il Giovedì Santo per noi non è una commemorazione storica, come ben sapete. Non è nemmeno un momento identitario, in cui, come sacerdoti, sentirsi gonfi di orgoglio per la chiamata che abbiamo ricevuto dal Signore. È, piuttosto, un giorno in cui ricordare a noi stessi che siamo chiamati ad un servizio umile e incondizionato agli uomini e alle donne del nostro tempo. Servizio al quale ci offriamo mettendo in gioco tutta la nostra persona, ma che dobbiamo svolgere con piena e assoluta consapevolezza dei nostri limiti e delle nostre indegnità. Lo dico prima di tutto a me stesso, nel giorno in cui ricorre il cinquantesimo anniversario della mia ordinazione sacerdotale.

La consapevolezza della nostra debolezza ci deve aprire all’Alterità di Dio che si offre a noi nella sua Parola. Più siamo consapevoli della nostra povertà, più ci rendiamo conto di doverci aprire alla parola dell’Eterno perché questa sia l’anima della nostra vita presbiterale e del nostro ministero. È commovente vedere qui riunita tutta la Chiesa di Nola, sacerdoti, religiosi, laici di tutte le associazioni, movimenti e aggregazioni. È commovente vedere qui le varie comunità della Diocesi. La gioia di vedervi tutti riuniti mi offre l’occasione di chiedere ai sacerdoti e ai laici di rinsaldare sempre legami di affetto, amicizia e corresponsabilità.

“La Chiesa sarebbe ridicola senza i laici”, scriveva il cardinale Newman addirittura nel XIX secolo, quando l’aria fresca del Concilio Vaticano II era lontanissima da venire. Poche parole, ma di una saggezza incredibile. Le parole di Newman erano già allora la denuncia esplicita di una Chiesa clerocentrica, in cui i fedeli laici corrono il rischio di essere ridotti a cornice insignificante.

Siamo chiamati a lavorare tutti i giorni per fare in modo che la nostra Chiesa di Nola sia sempre di più una Chiesa in cui i laici sono protagonisti e non spettatori. E molto passa proprio dai gesti, dalle scelte e dalle parole di noi sacerdoti. C’è uno stile sacerdotale che aiuta i laici ad emergere, e c’è uno stile, totalmente opposto, che ne impedisce ogni iniziativa.

Il sacerdote che vuole bene ai laici ha sempre la parola “grazie” sulle labbra, non dà per scontato nulla, non considera dovuto niente. Il sacerdote che vuole bene ai laici incoraggia, motiva, rialza, e lascia anche sbagliare. Il sacerdote che vuole bene ai laici non è al centro di ogni tavolo organizzativo, ma è colui che coinvolge competenze, talenti e volontà, aiutandoli a lavorare in armonia. Il sacerdote che vuole bene ai laici ha sempre tempo per ascoltare e confessare, non dice “non ho tempo” quando è chiamato a vivere il cuore del suo ministero. Il sacerdote che vuole bene ai laici è un sacerdote che si riappropria del proprio compito educativo, è una guida nella crescita della vita interiore, un padre nel senso pieno del termine. Il sacerdote che vuole bene ai laici non ha scatti d’ira improvvisi, non è umorale, non è accentratore. Il sacerdote che vuole bene ai laici è trasparente nella gestione della vita della parrocchia e della comunità, e lo dimostra puntando seriamente sugli organismi di discernimento comunitario. È un uomo che impara a gestire e, quando necessario, a curare le proprie debolezze e le proprie tentazioni.

Sto presentando un profilo di sacerdote perfetto e perciò irraggiungibile? Sì, e lo faccio volontariamente. Perché se non abbiamo un grande sogno su noi stessi e sulla nostra vita, ci rassegniamo alla mediocrità e al “6 politico”. Quando cinquant’anni fui ordinato, avevo un sogno grande sulla mia vita. Quando ciascuno di voi, cari presbiteri, è stato ordinato, aveva un sogno grande sulla propria vita. È ora di riappropriarci di quel sogno, di non lasciarlo annaspare tra le fatiche del vivere quotidiano. Anche le cadute e le miserie possono essere affrontate meglio se la cornice resta quella di un sogno alto, e non quella di una vita arrangiaticcia.

Però, cari laici, non è tutto nelle mani dei sacerdoti. Non usate i limiti dei presbiteri per giustificare esistenze piatte e tiepide. Se avete capito fino in fondo cosa il Concilio vi chiede, allora avete capito anche che a voi per primi tocca il compito di far venire fuori l’umanità dei vostri parroci. A voi per primi è richiesto di essere loro fratelli e amici, specie quando emergono solitudini e paure. A voi per primi tocca proporre, pensare, progettare, sognare la vita della comunità. A voi per primi tocca di sporcarvi le mani tra le persone delle vostre città e dei vostri quartieri per far vedere che la Chiesa è vicina, è presente. A voi per primi tocca aver cura degli ambienti di vita che il Concilio vi ha affidati: la famiglia, la scuola, il lavoro, la cultura, le scienze, l’economia, la politica… Uscite da un equivoco, cari laici: è il mondo il cuore del vostro ministero, non altro. Smettetela di aspettare benedizioni e incarichi dall’alto! Il mondo è il vostro campo d’azione, rompete ogni indugio e, finalmente, partite!

Carissimi, sto per concludere. I fatti di cronaca di questi giorni ci interrogano. Parlo della vicenda di Sasha, il senzatetto barbaramente picchiato da un gruppo di giovani a Nola. E delle numerose inchieste su politica, corruzione e malaffare che si susseguono nel nostro territorio e su scala regionale e nazionale. La nostra risposta come Chiesa non può essere solo nelle denunce e nei comunicati stampa, la nostra risposta come Chiesa deve essere nella formazione di un laicato maturo in grado di prendere tra le mani le città e le povertà che ci avvolgono. Con senso di responsabilità, onestà, competenza. E insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, credenti e non. Essere qui, insieme, stamattina, sacerdoti e laici ha soprattutto questo significato: là fuori c’è un mondo che ha bisogno di noi, solo insieme possiamo farcene carico.

Sia questo il frutto più maturo del Sinodo diocesano: realizzare a Nola una Chiesa pienamente conciliare. Perché questo avvenga occorre  lavorare per il decentramento dalla nostra vocazione particolare per incontrare la grazia che lo stesso Spirito ha donato ad altri credenti: come dice Papa Francesco a tutta la Chiesa “decentriamoci e centriamoci su Cristo”. Come vescovo, lavorerò a questo sogno sino all’ultimo secondo del mio mandato. Mi è di grande consolazione umana e spirituale sapere che voi tutti ci proverete insieme a me, con tutte le vostre forze.

 

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