IV domenica di Quaresima. L’altro modo di amare

In questa domenica don Alessandro ci aiuta a capire che l’amore di Dio é diverso, speciale, perché é dono incondizionato di sé. É questo il salto di qualità cui siamo chiamati nella vita

IV di Quaresima (anno B)

Vangelo  Gv 2,13-25

Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

 

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: 
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

 

L’altro modo di amare

L’amore umano che noi conosciamo nasce dal bisogno dell’altro, dalla fatica di non poter stare senza chi completa la nostra vita, dalla povertà che avvertiamo di fronte al futuro, di fronte alla morte che annienta la sete di vita che portiamo nel segreto delle nostre inquiete giornate.

L’amore che noi conosciamo è fatto di prossimità, di vicinanza rassicurante, di un guanciale su cui far riposare il nostro desiderio profondo di pace e di serenità.

L’amore che noi conosciamo è un nido nel quale deporre le uova che assicurano il nostro futuro, perché ci sia una prolungata memoria di chi siamo stati e di cosa abbiamo fatto in questo mondo.

L’amore che noi conosciamo è fatto di seduzione, di coccole dolci che allietano l’attimo e che azzerano le differenze e le sofferenze, che escludono ogni possibilità di perdita e includono ogni desiderio di vincita: insieme siamo più forti.

L’amore che noi conosciamo è un legame inteso come un legare a sé la persona che desideriamo e della quale diciamo di volerci prendere cura. È un amore pesato sulla bilancia dei regali ricevuti e di quelli dati.

Ma l’amore che leggo e riesco ad intravedere nelle parole di Gesù, in un dialogo notturno con Nicodemo, non è questo.

Vedo un amore che si fa dono, che è capace di soffrire e di consegnare ciò che si ha di più prezioso nelle mani dell’altro.

Vedo un amore che è dono di se stesso piuttosto che di cose, capace di dimenticarsi di sé per fare spazio all’altro, per lasciare che l’altro abbia il suo spazio vitale.

Vedo un amore che assume la forma dell’esistere per l’altro; un amore vero per una vita vera.

Vedo un amore che non condanna e che non sa cosa significhi far violenza per il bene dell’altro.

Vedo un amore incondizionato verso il mondo e  verso il proprio mondo.

Siamo chiamati a lasciarci amare da Dio, a lasciarci cercare e a lasciarci pensare da Lui. Ad amare così si impara con fatica, senza rifiutare l’impegno quotidiano con le sue inevitabili cadute.

Tra le giornate sudate per il lavoro, per lo studio, per le preoccupazioni della famiglia, per la responsabilità associativa, per la nostra vita nel mondo, è necessario pensare sempre a questo salto di qualità a cui siamo chiamati come laici che conoscono l’altro modo di amare: quello di Dio.

Don Alessandro

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