L’idea per cui l’Ac, stringi stringi, “è una realtà di persone che si vogliono bene”, mi ha sempre sconvolto. Mi sono chiesto come mai un luminare delle Scienze giuridiche come Vittorio Bachelet abbia scelto, per l’Azione cattolica, una definizione così semplice. Poteva trovare le parole più complicate del mondo, costruire i periodi più vertiginosi che si siano mai letti. Eppure quella definizione, semplice come quella di una mamma che descrive la sua famiglia, ha superato i confini del tempo e dello spazio (l’ho letta tradotta in inglese, francese e spagnolo in diverse Ac sparse nel mondo).
Io so che è così, che l’Ac davvero è “una realtà di persone che si vogliono bene”. Eppure vorremmo sempre trovare una parola in più, una cosa più “ad effetto”. Ma cosa c’è di più “ad effetto” del bene che le persone gratuitamente si donano? E’ sufficiente che ciascuno di noi guardi alla sua storia in associazione: non ci ha colpiti una frase fantascientifica, una definizione fulminante, ma quella sensazione immediata, quasi istintiva, di essere “voluti bene”. Allo stesso modo, abbiamo iniziato a dare qualcosina all’Ac (poco, sempre troppo poco…) non quando avevamo la testa ben piena di nozioni, ma quando il cuore ha svoltato e ha capito che le persone altro non vogliono se non il nostro “voler bene”.
All’inizio di questo triennio, non posso farmi un augurio migliore di questo: imparare da voi tutti, veri esperti e maestri di fraternità vissuta giorno per giorno, a “voler bene” sempre un filo oltre il mio ego, le mie paure, i miei ristretti orizzonti. E anche a voi faccio un augurio simile per l’inizio di questo triennio: al macero incomprensioni, piccole invidie, screzi, guerre di popolarità. La cima è lassù in alto, la legge della cordata è impietosa: o si arriva tutti insieme, o nessuno.
Buon cammino!
Marco Iasevoli