È un invito ad allargare lo sguardo la lettera sull’educazione che Padre Beniamino consegna alla nostra chiesa diocesana, un invito ad allargare lo sguardo oltre il fare di ogni giorno per ritrovarne il senso profondo, un invito a riscoprire la bellezza e il coraggio del compito educativo che appartiene in maniera propria alla comunità ecclesiale. “Educare è cosa del cuore”. Le parole riportate nell’epistolario di san Giovanni Bosco scandiscono i passaggi di questa lettera dal tono accorato e dal procedere denso. Educare è cosa del cuore perché “coinvolge il nostro desiderio di cercare un amore che ci faccia uomini”, perché si carica del compito di costruire città che sappiano rispondere alle nostre domande più vere, educare è cosa del cuore “perché si incarna nelle parole” e nella Parola che ci santifica, perché “ci riconduce al maestro interiore”, perché sollecita i luoghi dell’educare a non smarrire mai “la sostanza del processo formativo”, perché “prospetta all’uomo una via per essere maturo nella gioia”, perché fa emergere “la forza” e il valore dell’interculturalità.
In tal senso l’educazione necessita di un metodo che non si riduce ad una pura sequenza di azioni, ma che è prima di tutto orientamento dello sguardo, uno sguardo che sappia vedere lontano e in profondità: uno sguardo che sa vedere perché sa sentire. Come lo sguardo del Signore Gesù, lo sguardo del Maestro che “vorrei diventasse – scrive padre Beniamino – modello per la nostra Chiesa”. L’educazione sa vedere l’altro non solo per quello che veramente è, ma soprattutto per quello che egli può e deve diventare, intuisce il valore originale dell’altro, il profilo della sua unicità e crea le condizioni perché questa possa emergere e fiorire in tutta la sua ricchezza. L’educazione viene da un cuore che ama, da una vita che sa coinvolgersi ed appassionarsi alla vita dell’altro, perché solo la vita educa la vita e perché educare è generare ad una pienezza di vita. La responsabilità per l’altro si fa così cura, tensione costante a costruire spazi educativi, a fare delle nostre comunità luoghi in cui ciascuno sia accolto e aiutato a crescere, a progredire verso una misura alta di umanità, la misura che è richiesta a ciascuno nell’incontro con il Signore. La cura educativa in tal senso non è mai un percorso isolato, né si caratterizza come esperienza curvata su una dimensione puramente individuale. La cura della crescita di ciascuno esige la cura per la trama delle relazioni sociali per i luoghi e gli spazi della vita comune, là dove, di fatto, prende forma concreta l’esistenza. Per questo la comunità ecclesiale ha bisogno di aprirsi al confronto con le realtà della vita comune, con le esperienze educative antiche e nuove di aiutare a decifrare il senso dell’umano che trasmettono in maniera implicita o esplicita perché non accada che la vita cambi senza di noi, che la percezione di noi stessi si trasformi senza che neppure ce ne rendiamo conto. E più ancora la comunità ecclesiale ha bisogno di promuovere e di valorizzare al suo interno spazi e percorsi educativi che abbiano il senso della continuità e della organicità, che non siano meramente funzionali ad occasioni particolari- sia pure all’amministrazione dei sacramenti – o alla salvaguardia di una visibilità numerica, ma che sappiano far tesoro di ogni momento e di ogni stagione della vita, spazi di gratuità che garantiscano la serietà di una proposta educativa capace di accompagnare la vita aprendola alla scoperta dell’amore di Dio che la abita.
È in questa direzione che da sempre si colloca l’esperienza dell’Azione Cattolica, anche nella nostra diocesi, ed è in questa direzione che vorremmo continuare a procedere, accogliendo l’invito di padre Beniamino a ritrovare nell’educazione che genera alla vita il compito più proprio e più bello delle nostre parrocchie e della nostra chiesa diocesana, il compito più proprio della Chiesa di Colui che è venuto perché gli uomini avessero la vita e l’avessero in pienezza.
Pina De Simone
(presidente dell’Azione Cattolica di Nola)
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