Non chiamatela riforma …

 

“Non chiamatela riforma, i miei sono dei provvedimenti”.

Con queste parole il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Maria Stella Gelmini rispondeva ai giornalisti nei giorni precedenti alla conversione in legge del decreto 137. Riforma o provvedimento che sia il cosiddetto “decreto Gelmini” va a modificare profondamente le basi della Scuola così come la conosciamo.

I provvedimenti non sono destinati solo alle elementari (maestro unico, grembiuli unici …). Ad essere interessate sono anche le scuole secondarie superiori.

E’ stata introdotto l’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, al fine di favorire la conoscenza del testo fondante della Repubblica Italiana, ma non è stato previsto un monte-ore autonomo da dedicare all’insegnamento di questa disciplina. Pur condividendo l’introduzione di questa materia, che va a coprire una grave lacuna degli studenti italiani, riteniamo che la scelta di non destinare un monte-ore autonomo possa generare lo stesso rischio che oggi avviene con l’educazione civica, che – di fatto – viene fagocitata dall’insegnamento della storia e della geografia.

Ulteriori perplessità nascono dall’introduzione del voto in condotta all’interno della valutazione complessiva dello studente. L’articolo 4 dello Statuto delle Studentesse e degli Studenti (a tutti gli effetti legge dello Stato) recita “La responsabilità disciplinare è personale. Nessuno può essere sottoposto a sanzioni disciplinari senza essere stato prima invitato ad esporre le proprie ragioni. Nessuna infrazione disciplinare connessa al comportamento può influire sulla valutazione del profitto”. Il rischio di tale provvedimento (che prevede la bocciatura con una valutazione inferiore al 6) è legato alla possibilità di abuso che il corpo docenti può operare. Inoltre, va a cancellare un articolo dello Statuto frutto di un lavoro di concertazione e dialogo tra le varie componenti del mondo della scuola.

Il “decreto Gelmini” affronta anche la questione relativa al diritto allo studio. I libri di testo non potranno essere modificati prima dello scadere di un quinquennio ed il 5% del Fondo per le infrastrutture strategiche è stato stanziato per la messa in sicurezza degli edifici scolastici. Accogliamo positivamente l’introduzione di questi provvedimenti. Auspichiamo, però, la nascita di un confronto tra il Governo e le varie componenti della scuola al fine di predisporre una legge quadro nazionale sul Diritto allo Studio.

Inoltre, il “piano di razionalizzazione” (previsto dall’art. 64 della Legge Finanziaria 2008) prevede l’accorpamento delle sedi amministrative degli Istituti, la riduzione dell’orario settimanale e la riduzione del corpo docente e del personale ATA. Questi provvedimenti destano una serie di dubbi e perplessità. Vogliamo essere sicuri che l’accorpamento delle sedi sia realmente solo di tipo amministrativo, soprattutto nelle zone non urbane, e abbiamo forti dubbi sulla riduzione dell’orario settimanale. Infine, riteniamo che bisogna puntare su una migliore formazione e su un migliore reclutamento del personale docente e amministrativo della scuola, piuttosto che operare con tagli di tipo economico.

Da questa situazione emerge un quadro in cui non è del tutto chiara l’idea di Scuola che muove l’operato del Governo. Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una “politica per la Scuola” sempre più lontana dal mondo reale. Pensiamo che la Scuola abbia bisogno di una riforma organica e condivisa che nasca dall’ascolto e dal confronto delle varie realtà che animano le “comunità scolastiche” e non emanando una serie di decreti che affrontano i problemi che il ministro di turno ritiene più urgenti (sono un esempio di questo andamento la “riforma Moratti”, il “cacciavite” di Fioroni e i “provvedimenti” della Gelmini).

Ma, nonostante tutto … non chiamatela riforma!

Giovanni Corbisiero,
segretario diocesano MSAC