Come un fuoco ardente

“Ma nel mio cuore c’era
come un fuoco ardente
trattenuto nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo
ma non potevo” (Ger 20, 9)

Se si dovesse trovare una “chiusa” per completare e condensare un corso di esercizi su Elia, credo che questa dichiarazione d’amore tratta dal profeta Geremia sia la migliore di tutte. Sintetizza il rapporto privilegiato che Dio intesse con il suo profeta; plasticamente coglie le lacerazioni dell’uomo che è diviso tra la voglia di lasciar perdere le “punzecchiature” di Dio, che lo trascina dove mai avrebbe voluto, e la qinàh, l’irresistibile e infuocata passione, la dolente ferita d’amore che lasciando il cuore aperto e inappagato lo fa vibrare, muggire e palpitare sotto il desiderio di una nuova sferzata. Elia è un uomo col fuoco divino nelle ossa e un profeta collerico e passionale: si ribella a Dio nei momenti in cui appare inestricabile la trama della sua volontà, usa tenerezze estreme al limite dell’evanescenza con chi lo circonda, specie gli umili, s’infuria terribilmente contro l’ingiusto e il perverso. In Elia si vede il profeta con mani e piedi perfettamente radicati su questa terra e l’uomo con il cuore aperto, proteso verso il cielo; in lui si vede un profeta che è pienamente uomo con limiti, contraddizioni e pregi e un uomo che è pienamente profeta, pienamente voce di Dio, di quell’unico Dio vivo e vero, che vuole vivere nella vita di ciascuno di noi, che avvolge l’uomo proprio come fa una D con una minuscola sillaba, “io”.

Un ringraziamento particolare a va a Don Leonardo, la nostra voce di Dio in mezzo a noi, il nostro profeta in questi giorni di esercizi spirituali: ci ha fatto vedere Elia e il suo percorso e, più in generale, il rapporto Dio-uomo nella vita e nella preghiera con una delicatezza estrema, con indirizzamento chiari, con richiami garbati, con una profondità semplice e lineare che sa cogliere le sfaccettature e i dettagli. Ci ha fatto cogliere l’umanità e la concretezza di Elia, la sua “terrestrità”, il suo essere radicato e compromesso nella storia ma anche l’afflato celeste, l’indomito spirito, l’anelito contemplativo: in Elia ci ha fatto toccare con mano la realizzabilità dell’ideale di Marta e Maria, che il vangelo odierno ci ha proposto. Ma ancora di più questa sinergia di azione e contemplazione, noi l’abbiamo vista proprio nel singolare equilibrio che contraddistingueva don Leonardo. Quante volte noi ci dimentichiamo di vivere in pienezza nel nostro tempo, nel nostro territorio, nel nostro quotidiano! Quante volte, al contrario, tagliamo Dio fuori dalla nostra vita! In lui, come in Elia, abbiamo visto che la trascinante fiamma di Yah (Ct 8,6) e la docilità alla Parola di Dio e alla vita sacramentale conducono davvero l’uomo ad essere profeta compromesso nella storia, profeta in mezzo al suo tempo e nel suo territorio.

Auguriamo a noi e a Don Leonardo di coltivare sempre l’ardore di Elia, per scuotere chi ci è intorno e di essere profeti, che attraverso l’occhio vigile e il garbo, la mano forte e la delicatezza,  la “contagiosità”  e l’entusiasmo parlino del Dio vivo che vuole vivere nelle nostre vite, che ci invia dove Lui vuole, che, seducendoci, ci vuole fare fuoco come Lui.

Francesco Pacia

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